La delicata situazione geopolitica ucraina, che vede il paese conteso tra Russia e Unione Europea, è il risultato di dinamiche nazionali che hanno giocato un ruolo cruciale.
L’Ucraina era ed è ancora oggi un paese multietnico: poco più del 70% della popolazione è ucraino, la minoranza russa si aggira intorno al 20%, e altre minoranze sono presenti in tutto il territorio. Dal 1996 la lingua di stato è l’ucraino, ma nelle regioni occidentali si concentra la maggioranza ucrainofona, mentre in quelle sud-orientali quella russofona. Le divisioni profonde tra regioni russofone e ucrainofone sono sorte quando le due sfere culturali hanno asunto caratteri politici: già durante le elezioni presidenziali del 2010, il nord-ovest ucrainofono si contrapponeva al sud-est russofono, gli uni sostenevano posizioni filoeuropee, gli altri filorusse. La dicotomia si esplicava nella scelta tra Unione Europea e Unione Economica Euroasiatica.
Culmine di questo processo sono stati i rivolgimenti di Euromaidan del 2014, in seguito al rifiuto di Janukovyč di firmare l’ Accordo di Associazione con l’UE: per i nazionalisti ucraini Maidan rappresenta il suggello dell’indipendenza ucraina dalla dipendenza culturale ed economica imposta dalla Russia. Al contrario, i separatisti del Donbass vedono l’Ucraina condividere con la Russia un legame imprescindibile che identifica l’ ascesa di Porošenko come un golpe neofascista sostenuto dagli americani.
A quattro anni di distanza dal Maidan l’Ucraina sembra aver scelto la via dell'”ucrainizzazione” nazionale attraverso le nuove leggi sull’educazione, ma il carattere multiculturale del paese è ancora forte, ed è difficile dire che schieramento geopolitico appoggi la società ucraina.
Orysia Demska, studiosa di conflitti negli stati post-sovietici e docente universitaria alla Mohyla Academy di Kiev, tramite una breve intervista, ci aiuta a capire la delicata situazione interna.
−Nello specifico, come considera l’identità nazionale ucraina?
Il territorio ucraino attuale è il risultato dello sfaldamento di più imperi multietnici, un’interazione culturale che è durata secoli, non senza scontri, ma è questo che conferisce alla nostra società la sua originalità. Perciò anche la cultura russa ha contribuito a modellare la nostra identità.
−Quindi Lei non vede la Russia come un “invasore” o un “nemico” storico?
Quando l’Unione Sovietica ha inglobato la parte occidentale dell’Ucraina la metà orientale faceva già parte da secoli dell’ Impero Russo. L’ élite russa, già radicata nelle città, ha contribuito allo sviluppo economico e culturale del paese. Negli anni Trenta i confini territoriali ucraini si sono cristallizzati, e sono esattamente gli stessi che i nazionalisti ucraini rivendicano ancora oggi, quelli di Stalin. Certo, il regimezarista e sovietico hanno adottato politiche che hanno spesso sfavorito la nazionalità ucraina, ma questo non rende la parte russofona del paese un nemico da affrontare. Durante la nostra storia abbiamo attraversato momenti tragici: il comunismo ci ha lasciato un’eredità difficile da affrontare.
−Come relazionarsi col passato totalitario dopo l’indipendenza?
Il fatto che le regioni occidentali vogliano rigettare il passato sovietico è comprensibile, l’Impero austro-ungarico e il Regno polacco di cui facevano parte non hanno avuto un atteggiamento così aggressivo nei confronti della nazionalità ucraina, ma questo è accaduto anche perché i territori ucraini svolgevano un ruolo meramente periferico e marginale all’interno di quelle entità imperiali. Dal canto loro però, le regioni orientali non possono rinunciare ad una matrice così radicata nella loro società come quella russa, essa è parte integrante della loro identità. Io però direi che, dopo l’esperienza sovietica, essa è parte dell’identità ucraina intera.
−Non si trova perciò d’accordo con la nuova “ucrainizzazione” del paese sorta dopo il Maidan? Mi riferisco alle leggi di Porošenko su decomunistizzazione ed educazione, per cui si cerca di eliminare il retaggio comunista dalla società, e si punta all’uso di lingua e tradizioni solamente ucraine.
Per decenni il comunismo è stata la nostra vita. È stato un momento drammatico della nostra storia, ma è stata la NOSTRA storia. Rinnegarla non è una buona idea. É accaduto e la nostra società ne ha fatto parte. Nasconderlo, vuol dire fare un passo indietro, una tale presa di coscienza invece è la spinta necessaria al futuro. Dire: “è successo, è stato orribile, e perciò non vogliamo che accada mai più” dovrebbe essere la strada da seguire. La Storia è storia, non si cambia solo perché non ci piace, o per vincere le elezioni.
−Si riferisce ai comportamenti delle leadership nei vari anni al governo?
Certamente sì. I nostri conflitti interni sono una questione meramente politica. Come dicevo prima, la nostra società è stata da sempre multiculturale, abituata alle differenze. Sicuramente tra Leopoli e Kharkhiv sussistono delle differenze. Nel nostro paese ci sono preferenze linguistiche, ma questa è ricchezza. In tutto il paese le due culture si comprendono perfettamente e nelle regioni centro-occidentali la situazione si stempera, i diversi stili di vita interagiscono e si fondono in un miscuglio linguistico e culturale dal quale emerge il Surzhik, una terza lingua, un misto di russo e ucraino, che rende la maggior parte della popolazione quasi bilingue. Strumentalizzare lingua e cultura in un territorio come quello ucraino è sicuramente una scaltra mossa politica, quando si vuole fare campagna elettorale.
−Ma allora come si spiegano le tensioni attuali con la Federazione Russa? Le sue ingerenze nel territorio ucraino sono ben note.
Anche la Russia non riesce a relazionarsi con il passato sovietico. Non può accettare che il grande spazio geografico una volta dominato culturalmente, economicamente, militarmente dai russi non esista più, o che comunque, si pongano delle condizioni nel cooperare bilateralmente con esso. Nel caso ucraino la sensazione di perdita risulta ancora più grande poiché Russia e Ucraina sono legate da un passato e una cultura comune, con momenti positivi e negativi, macondiviso. Una situazione che con l’Europa non si è verificata,almeno non in questo modo. Cercare di farne parte a tutti i così vuol dire cancellare una fetta consistente di quel passato che invece ci appartiene in toto.
−Deduco che Lei non sia d’accordo con l’entrata dell’ Ucraina nell’UE, ma nemmeno con la sua totale appartenenza al “mondo russo”. Esiste per Lei una terza via a questa scelta geopolitica? Quale futuro vede per le relazioni Ucraina-Russia, e Ucraina-UE?
Una strada alternativa esiste. Il fatto che l’Ucraina sia stata messa in questa condizione di “aut-aut” non ha fatto altro che portare alla guerra e allo stallo dei nostri rapporti internazionali. Chi ci ha guadagnato in Ucraina sono state le varie coalizioni al governo, che hanno basato la loro azione politica su questo. Usa, Europa, e Russia d’altra parte hanno un nuovo campo di battaglia in cui mettere in scena il nuovo conflitto tra Est e Ovest. In questa situazione l’Ucraina potrebbe fare la differenza. Ma deve accettare di essere quel vasto territorio multiculturale tra l’Europa e l’Asia. Essa è una terra di confine, questa è la sua peculiarità ciò che le permetterebbe di cooperare in maniera proficua ed indipendente sia con la Russia che con l’Unione Europea mitigando le relazioni tra questi due mondi.
Per quanto riguarda i rapporti con la Russia, questo conflitto è un passaggio storico inevitabile enecessario. Essere uno stato-nazione indipendente all’ interno del Sistema Internazionale sorto dopo il 1991 vuol dire uscire dalla logica dei blocchi e delle alleanze contrapposte: l’Ucraina deve poter sviluppare i suoi rapporti internazionali in maniera sovrana ed indipendente senza ingerenze esterne. Èun passaggio che la Russia deve ancora accettare, ma quando entrambi i paesi smetteranno di vedere i propri rapporti nell’ottica di “colonizzatore-colonizzato” saranno pronti a riconciliarsi. Non cooperare con i propri vicini più prossimi è una mossa stupida.
Una dialettica interessante, che speriamo si realizzi in futuro.
Maria Laura Pisanelli