Le ostilità nel Donbass procedono oramai da quattro anni e se negli ultimi mesi la situazione sembrava aver raggiunto una fase di stallo, rischiando di trasformare lo scontro in un ennesimo “frozen conflict” di difficile risolvibilità, recentemente le autorità ucraine hanno annunciato una ripresa delle operazioni militari. Utile al fine di comprendere la posta in gioco e i motivi di tale conflitto si rivela conoscere le forze schierate in un contesto frammentato e in costante evoluzione. Prima parte di un’analisi in due puntate.
Le forze separatiste
Forze armate unite della Novorossija è il nome dell’organizzazione, fondata nel settembre del 2014, sotto le cui bandiere combattono i separatisti delle due repubbliche autoproclamate di Lugansk e Doneck e svariate milizie di differente credo politico e nazionalità. Pochissimi e contraddittori i dati sul numero di soldati e paramilitari schierati (rilevazioni del 2015 parlano di 80.000 uomini in costante crescita numerica e organizzativa e altri 40.000 uomini schierabili in caso di ampliamento degli scontri) e sulla leadership anche se innegabile pare il ruolo dei rispettivi Capi di Stato, Aleksandr Zacharčenko e Leonid Pasečnik.
Rilevante al fine di fornire mezzi e addestramento è il supporto del Cremlino che, come nel caso esemplare della Crimea, ha sempre negato la presenza di forze armate regolari sul territorio ucraino. Ribattezzati dalla stampa “Uomini verdi”, soldati ben armati e disciplinati sprovvisti di insegna e alcun tipo di riconoscimento sono comparsi per le strade del Donbass o lungo le città occupate (o liberate a secondo di quale narrazione si preferisce credere) fin dagli albori dello scontro armato fra i separatisti e i regolari di Kiev.
Che si tratti di milizie autorganizzate o paramilitari addestrati in Russia o nelle Repubbliche amiche di Ossezia e Abcazia, i separatisti sono in possesso di un vasto arsenale di armamenti che spaziano dai fucili d’assalto PPK e AK47 (diffusissimi nell’area post sovietica) a svariate decine di mezzi d’assalto e trasporto truppe e carri armati pesanti di fabbricazione russa o sovietica. Diverse fonti e inchieste giornalistiche comunicano di convogli di rifornimenti in costante movimento fra la frontiera russo-ucraina e le versioni delle fonti separatiste, secondo cui l’armamento in loro possesso sarebbe frutto di saccheggi e requisizione forzate di armerie e caserme o frutto di confisca bellica non incontra il favore di molti analisti che vedono l’inevitabile longa manus putiniana dietro tale schieramento di forza.
Desta certamente interesse come gruppi di cittadini autonomi, milizie accomodate e volontari stranieri siano riusciti in relativamente poco tempo a prendere il controllo di una così ampia fascia di territorio e fa sorgere qualche dubbio sull’effettiva capacità combattiva dell’esercito ucraino. La stragrande maggioranza dei componenti delle forze armate ribelli è formata da ucraini russofoni residenti nelle regioni contestate ma sono presenti svariati contingenti di serbi, ceceni, bulgari, cosacchi russi nonché diversi europei attratti dalla sete di avventura o spinti da un ideologia che vede nel conflitto ucraino una guerra di liberazione da un governo oppressore e globalista (si segnalano casi di volontari provenienti da partiti o espressioni del populismo di estrema destra e sinistra europea) o al contrario identifica i ribelli (e i loro sponsor a Mosca) come dei pericolosi sediziosi in guerra contro la volontà del popolo ucraino di emanciparsi del soffocante abbraccio russo, alla ricerca di maggiore democrazia e diritti nella grande famiglia europea.
La Milizia popolare del Donbass fondata nel marzo del 2014 come emanazione armata dell’autoproclamata repubblica autonoma iniziò fin da subito a prendere il controllo di edifici governativi, costruire barricate, arruolare uomini fra i dimostranti filorussi e scontrarsi con le forze armate ucraine presenti in loco. La milizia comprende al suo interno differenti battaglioni semi indipendenti con un grande grado di autonomia e può contare sulla leadership e l’expertise di diversi ufficiali disertori ucraini.
Aleksandr Chodakovskij è il comandante e fondatore del battaglione Vostok composto da ex forze speciali ucraine, russe e un nutrito numero di ceceni con esperienza nei conflitti caucasici ed è particolarmente famigerato per l’alta capacità organizzativa e disciplina; alcune inchieste giornalistiche suggeriscono che i componenti del battaglione ricevano un sussidio mensile da Mosca tramite triangolazioni che coinvolgono oligarchi conniventi con il governo centrale. Un nutrito numero di Radnoveri (neopagani seguaci di un’ideologia panslava e nostalgici del periodo storico antecedente alla cristianizzazione della regione) ha dato vita al Battaglione Svarog: il loro obiettivo è quello di combattere l’oppressione del governo ateo e dispotico ucraino e la persecuzione delle autorità ecclesiali. Di opposta ideologia l’Esercito russo-ortodosso fondato nel maggio 2014 contava inizialmente su 1000 uomini saliti a più di 4000 con l’acuirsi degli scontri intestini. Accusato di saccheggi e crimini di guerra i suoi membri si sono macchiati di persecuzioni contro cattolici e ortodossi ucraini nonché di rapimenti e sparizioni di preti e autorità ecclesiastiche.
Aleksandr Chodakovskij è il comandante e fondatore del battaglione Vostok
La formazione che svolge incarichi paragonabili a delle forze speciali convenzionali è organizzato in unità diverse: alcune sono qualificate in operazioni di controterrorismo, altri temibili cecchini o soldati (diversi i veterani dell’esercito russo) che si concentrano sulla difesa o sulla ricognizione in zone a stretto contatto con il nemico. Leader indiscusso della formazione armata è Igor’ Strelkov, militare russo in pensione e ex colonnello dell’FSB reduce di differenti conflitti (Transnistria, Bosnia, Cecenia, Daghestan) e comandante delle forze armate della repubblica del Donbass nonché ministro della difesa; carismatico e abile stratega temuto dal governo centrali di Kiev che non ha esitato a accusarlo di complotto terrorista e renderlo soggetto a pesanti sanzioni personali.
Operai metallurgici e lavoratori del carbone costituiscono l’ossatura della Brigata di Kalmius (dal nome del più importante fiume della regione) e della Divisione dei Minatori: 500 uomini agli ordini di Konstantin Kuzmin espressamente addestrati come forze speciali e coinvolti in pesanti combattimenti nel giugno 2014 e nel sequestro di alti ufficiali ucraini. Riferimenti all’universo letterario fantasy distopico Metro 2033 dello scrittore russo Dmitrij Gluchovskij sono numerosissimi nella propaganda del gruppo armato Battaglione Sparta fondato da Arsen Pavlov (Motorola). Di stanza a Donetsk, dove difendono l’aeroporto Sergej Prokof’ev, l’età media dei componenti è molto bassa e il forte spirito di cameratismo, unito alla combattività dei cospicui volontari russi con esperienza militare fanno di questa milizia una delle più temuta dai governativi.
Affiancano le milizie autoctone ucraine numerosi contingenti di miliziani provenienti da tutto il mondo. Francesi, italiani, ceceni, ungheresi, serbi, bulgari e neonazisti russi hanno monopolizzato recentemente le cronache giornalistiche in quanto naturale è l’associazione con i Foreign fighter jihadisti. Da tutto l’universo panslavo soldati smobilitati, esperti di sicurezza e mercenari sono confluiti nel corso degli anni nelle regioni contese per mettersi al servizio della causa. Estremisti di destra bulgari sfruttano i social network per radunare volontari al fine di tutelare la sicurezza della minacciata comunità bulgara presente in loco. Alba Ortodossa il nome della milizia radunata da Pavel Chernev che si propone di lottare non solo per motivi politici ma anche per “salvaguardare l’unità della grande famiglia ortodossa”.
Affiancano le milizie autoctone ucraine numerosi contingenti di miliziani provenienti da tutto il mondo. Francesi, italiani, ceceni, ungheresi, serbi, bulgari e neonazisti russi hanno monopolizzato recentemente le cronache giornalistiche in quanto naturale è l’associazione con i Foreign fighter jihadisti.
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All’interno della variegata brigata internazionale possiamo trovare i cetnici serbi del distaccamento Ivan Ševič e i russi del battaglione Variego. Il governo di Belgrado ha sempre negato l’esistenza di un legame e la presenza di serbi fra i separatisti, ma sono svariate centinaia i balcanici che combattono per motivi ideologici o per semplice bramosia di denaro; i cetnici esprimono una visione ultranazionalista e si sono macchiati di efferati eccidi e pulizie etniche nella seconda guerra mondiale e durante le guerre Jugoslave.
É in discussione a Belgrado un progetto di legge che penalizzi la partecipazione a una qualsivoglia guerra straniera. Il progetto di legge è rivolto ai combattenti serbi in Ucraina e ai serbi musulmani che combattono a fianco dei jihadisti nel Medio Oriente ma fino a quando la legge non avrà effetto, i combattenti mercenari serbi possono tornare a casa senza dover temere conseguenze.
La presenza di 150 mila ungheresi, la difesa della loro incolumità e la richiesta di maggiore autodeterminazione sono i motivi per cui si battono gli irregolari della Legione di Santo Stefano. Il partito ultraconservatore ungherese Jobbik che non nasconde le sue mire irredentiste sulle regioni ucraine a forte componente magiara sta tentando di capitalizzare la politicizzazione della minoranza nell’intricato contesto ucraino e naturali paiono i legami e i sostegni finanziari ai confratelli legionari. Degna di menzione la presenza (seppur sparuta) dei paramilitari neonazisti del Partito di Unita Nazionale Russo famigerato in patria per gli attacchi contro gli immigrati caucasici e la retorica antisemita. Il partito ancora marginale nel panorama politico di Mosca intende utilizzare il confronto armato per rafforzare i propri ranghi e il proprio apparato organizzativo nonché diffondere e rinforzare il suo messaggio fortemente esclusivo e contribuire alla crociata catartica slava contro l’invasione musulmana. Ironico e a tratti paradossale è la presenza e tolleranza di questi nazifascisti in quanto è proprio l’accusa di totalitarismo da parte del governo Porošenko che costituisce linfa vitale per rafforzare l’unita di intenti e delle variegate compagini separatiste.
Motivi ideologici, vendetta per l’oppressione russa o clientelismo politico hanno spinto migliaia di ceceni a combattere in entrambi i lati del fronte. Ramzan Kadyrov, l’ex paramilitare e primo ministro della Cecenia, pacificata dopo anni di aspri scontri, ha inviato centinaia dei suoi connazionali a combattere a fianco dei separatisti su pressione della Duma, anche come risposta a un esodo importante di ex guerriglieri e fondamentalisti islamici che hanno scelto di vestire la casacca ucraina al fine di indebolire il progetto egemonico del Cremlino.
Decisivi nel contesto delle operazioni contro insurrezionali nel Caucaso, i temibili “kadyrovsky“, milizia personale del primo ministro ceceno, ennesimo strumento asimmetrico dell’apparato destabilizzatore messo in piedi dal presidente Putin. Similmente ai ceceni anche diversi bielorussi combattono in entrambi i fronti riflettendo la forte divisione presente nell’opinione pubblica del Paese fra stringere ulteriormente un (spesso soffocante) legame con la Russia o tentare una cauta apertura alle politiche europee. Fonte di imbarazzo per la politica pragmatica e ambigua del presidente eterno Lukašenko è il caso della combattente Natal’ja Krasovskaja che in un video su YouTube ha espresso il sostegno del popolo bielorusso alla causa dei ribelli dell’est ucraino; fredda la reazione del governo che ha deciso di intentare una causa contro di lei per scoraggiare altri connazionali a seguire il suo esempio.
Decisivi nel contesto delle operazioni contro insurrezionali nel Caucaso, i temibili “kadyrovsky”, milizia personale del primo ministro ceceno, ennesimo strumento asimmetrico dell’apparato destabilizzatore messo in piedi dal presidente Putin.
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Agli ordini della milizia popolare della repubblica di Lugansk, oltre che differenti brigati paramilitari e divisioni corazzate locali (fra cui l’unica brigata interamente composta di carri armati pesanti Battaglione Agosto), forze speciali e unità antiterrorismo sono schierati anche i nazional bolscevichi del partito semiclandestino L’altra Russia. Di grande autonomia e considerazione godono i Cosacchi del Don e la Guardia Nazionale Cosacca; inquadrati in diverse divisioni diverse migliaia di cosacchi al servizio diretto della macchina bellica russa o formazioni spontanee costituiscono la punta di diamante dell’armata di Lugansk incaricati del mantenimento dell’ordine pubblico. Come recentemente ammesso dal Supremo Atamano Vodolackij (capo politico della nazione) decine di migliaia di cosacchi potrebbero unirsi, su espressa richiesta del Cremlino, alle operazioni belliche.
Già ampiamente impiegati negli scontri di confine fin dai tempi dello Zar, i rapporti fra Putin e i cosacchi sono ai massimi storici e l’esperienza, nonché la presenza transfrontaliera di questo gruppo etnico, potrebbe essere decisivo nel sovvertire le sorti dello scontro. Kazakistan, Turkmenistan e Uzbekistan costituiscono un bacino di reclutamento potenziale per accrescere i ranghi dei miliziani: motivazioni economiche (la povertà ampiamente diffusa in Asia Centrale è da decenni motivo di emigrazione e conseguente tensione etnica verso le grandi conurbazioni russe )e il ruolo dell’abile propaganda mediatica russa hanno portato decine di combattenti centroasiatici russi etnici e non, a impegnarsi nel conflitto al fianco dei ribelli. Non disponiamo di dati ufficiali ma i recenti colloqui fra le istituzioni ucraine e paesi dell’Asia Centrale possono spiegare come questo fenomeno sia in forte e preoccupante crescita.
Il ruolo dei mercenari
Hanno destato scandalo le foto di Dmitri Utkin (fondatore e indiscusso leader della Compagnia militare privata Wagner) ospite ad una cerimonia ufficiale al Cremlino. Salita agli onori della cronaca durante un disastroso scontro armato con le forze americane in Siria che ha causato la morte di diverse centinaia di irregolari, questa formazione è anche attiva (o almeno lo è stata) nel contesto ucraino. Responsabili dell’abbattimento nel giugno 2014 di un elicottero governativo che è costato la vita a 49 militari, il servizio segreto ucraino (SBU) identifica, nella partecipazione di questo fedelissimo braccio armato della politica estera putiniana, la certezza di un complotto contro l’integrità e la sicurezza dell’Ucraina. Il nome della compagnia riflette le idee politiche nazionaliste e filonaziste della leadership della formazione mercenaria che si è resa colpevole di azioni di sovversione, guerra ibrida, cyber warfare e persino di efferati omicidi mirati contro amministratori locali contrari alla rivolta o attivisti e giornalisti. La presenza di mercenari permette al Cremlino di mantenere l’ambiguità e ridurre al minimo le critiche del convitto internazionale ma la sequenziale presenza di questa unità, in ogni impegno estero del Cremlino, lascia ben pochi dubbi su chi sia il “datore di lavoro” di questa unità di professionisti della morte.
Gli italiani nel Donbass
Attivisti di Casapound e Forza Nuova, istruttori di arti marziali, ex militari in pensione, ultras pluripregiudicati del Nord Est e romantici rivoluzionari rosso-bruni nel variegato panorama degli italiani impegnati nel conflitto. Protagonista di numerose interviste e reportage l’ex soldato della Folgore “Spartaco” ma sono almeno 25, secondo le autorità di Kiev, gli italiani attivi nelle milizie separatiste. Assidui i contatti fra oligarchi vicini alle istituzioni nuovorusse, fondazioni opache e istituti di credito che facilitano i sovvenzionamenti alle attività armate e di propaganda ribelli. Nonostante sia severamente vietato per un cittadino italiano combattere come mercenario non mancano i casi di nostri connazionali che hanno scelto questa strada facilitati dalla grande richiesta di uomini con esperienza militare e addestramento. I filorussi cresciuti nel mito dell’uomo forte, seguaci delle idee nazional-tradizionaliste di Aleksandr Dugin hanno scelto il Donbass come teatro nella loro lotta al liberismo eurocrate e si sprecano i contatti fra organizzazioni estremiste russo-ucraine e quelle patrie.
[FINE PRIMA PARTE – CONTINUA]