La posizione al centro dell’Eurasia ha fatto del Kazakistan uno Stato virtualmente inaccessibile dal mare. Questa situazione, tuttavia, sta cambiando a causa del surriscaldamento globale e degli investimenti russi lungo il corso del fiume Ob’-Irtyš, che dal Mar Glaciale Artico permette alle navi di risalire fino al cuore dell’Asia centrale.
Oltre un secolo fa Halford Mackinder coniò il termine Heartland, che serviva ad indicare il cuore dell’Eurasia: l’unica regione del globo al di fuori della portata delle potenze marittime, Gran Bretagna in primis. La teoria dell’accademico postulava che il controllo di questa vasta area garantisse alla Russia zarista, prima, e all’Unione Sovietica, poi, un potere terrestre superiore rispetto alle altre nazioni. Il posizionamento strategico del Paese annullava infatti i vantaggi delle potenze marittime tramite la sua capacità di ritirarsi e difendersi in Asia centrale, dove l’inaccessibilità agli attacchi dal mare avrebbe rappresentato la miglior difesa. Un corollario di questa teoria prevedeva che il Mar Glaciale Artico fosse gelato e le coste della Siberia non fossero agevolmente raggiungibili via mare, cosa che è stata vera per moltissimi anni.
Con il riscaldamento globale, tuttavia, è venuta ad assottigliarsi per periodi sempre più lunghi la crosta di ghiaccio che avvolge la regione del Circolo Polare Artico, aprendo la strada a nuove opportunità e nuovi rischi per le nazioni che vi si affacciano. In questo quadro si inserisce un attore che non è prettamente definibile una nazione artica, ma che ciononostante vede nel disgelo dei ghiacci polari un significativo mutamento per la propria condizione geopolitica, precedentemente limitata dalla propria posizione irraggiungibile: il Kazakistan.
Il sogno kazako di un corridoio sud-nord
La collocazione geografica del Kazakistan ne fa il Paese eurasiatico per eccellenza: posto al crocevia tra Europa e Asia, è stato popolato per secoli da popolazioni nomadiche e attraversato dagli scambi commerciali che percorrevano le due estremità dell’Eurasia. Con la caduta dell’Unione Sovietica e l’ascesa economica della Cina è stato possibile per il Kazakistan, in virtù della propria posizione strategica, tornare ad esercitare un ruolo significativo all’interno di quest’interscambio attraverso la partecipazione ad alcuni progetti geo-economici, le Vie della Seta cinesi su tutti. Lo sviluppo commerciale legato allo spostamento di merci dalla Cina all’Europa non è stato, tuttavia, l’unico vettore della crescita economica del Kazakistan post-sovietico: grazie alla ricchezza di idrocarburi, Nur-Sultan si è inserita pienamente sulla scena internazionale come esportatrice di combustibili fossili verso le maggiori economie del pianeta.
Quanto finora detto ha fatto sì che le infrastrutture kazake assumessero nei decenni una conformazione eminentemente est-ovest, atta a privilegiare il corridoio di transito come modello di sviluppo che il Paese stava perseguendo. Con il riscaldamento globale, tuttavia, si è aperta per il Kazakistan un’opportunità finora preclusagli: la possibilità di sviluppare realmente un corridoio commerciale sud-nord lungo il corso dell’Ob’-Irtyš. Ovvero un percorso che consenta alle merci di giungere in Asia centrale sfruttando le nuove rotte commerciali che costeggiano la Siberia.
Sebbene la navigazione interna fosse già praticata da tempo, con la riduzione dei ghiacci della calotta polare è divenuto possibile per Nur-Sultan pensare seriamente allo sviluppo di una proiezione oceanica. Disponendo di tre porti principali sull’Ob’-Irtyš, Pavlodar, Semey e Oskemen, un adeguato sviluppo delle loro infrastrutture consentirebbe al Kazakistan di inserirsi appieno nel commercio marittimo globale, data anche la profondità del letto del fiume adatta al transito di navi pesanti, attraverso delle chiuse, quasi fino al confine con la Cina.
Negli ultimi anni lo Stato ha avviato dei contatti con la Russia per tentare di dare forma a questo nuovo corridoio battezzato nel 2016 da due navi sudcoreane, che hanno percorso la rotta artica e risalito il corso dell’Ob’-Irtyš fino al porto di Pavlodar. La fattibilità del progetto di Nur-Sultan dipende significativamente dalle infrastrutture russe nel medio-basso corso del fiume.
Il ruolo della Russia nelle ambizioni di Nur-Sultan
La Russia ha storicamente dedicato poca attenzione alla propria costa artica, concentrandosi maggiormente verso aree meno inospitali. Negli ultimi decenni, tuttavia, lo scioglimento di porzioni di permafrost ha liberato giacimenti di gas che hanno reso la regione siberiana particolarmente interessante per il Cremlino. Con la riduzione dei ghiacci nel Mar Glaciale Artico, si è altresì aperta per la Russia la possibilità di esportare gas via mare sotto forma di GNL. Questo ha richiesto a Mosca una serie di investimenti infrastrutturali che hanno interessato sia il settore energetico sia quello della portualità, dovendosi preparare a imbarcare importanti volumi di gas.
Uno dei territori in cui la Russia sta investendo di più è la penisola di Jamal, protesa sull’estuario dell’Ob’-Irtyš e in cui si trovano importanti giacimenti di gas. Un ruolo fondamentale per lo sfruttamento di tali risorse è giocato dal porto di Sabetta, che Mosca sta potenziando significativamente. Gli investimenti russi nel porto e lungo il corso del fiume consentono altresì di rilanciare il commercio fluviale, che vedrebbe nelle infrastrutture russe un trampolino per proiettare il trasporto marittimo fino in Asia centrale senza dover effettuare necessariamente il trasbordo delle merci su ferro o su gomma. Difatti, la Russia ha in progetto la realizzazione di un robusto sistema intermodale che colleghi il porto di Sabetta alla regione retro-portuale sia tramite treno sia tramite l’Ob’-Irtyš, investendo non soltanto nella creazione di un porto per l’imbarco di gas, ma anche in strutture commerciali. In tal senso, sono state prodotte diverse strategie volte a potenziare il sistema di trasporto fluviale, come la “Strategia di sviluppo 2020 per il sistema di trasporti della Federazione Russa” e la “Strategia di sviluppo 2030 per il trasporto sulle acque interne”.
Il Kazakistan e la Russia hanno siglato negli anni una serie di accordi in merito allo sviluppo della rete fluviale e vi sono stati anche incontri a livello statale e regionale per favorire la collaborazione tra le regioni russe attraversate dall’Ob’-Irtyš e quelle kazake, con le città di Omsk e Pavlodar candidate a fungere da centri logistici maggiori lungo il corso del fiume.
Dubbi e prospettive future
L’apertura di un corridoio sud-nord che apra al Kazakistan l’accesso all’Artico e, da qui, al commercio marittimo mondiale si scontra tuttavia con gli interessi delle due maggiori potenze del continente, Russia e Cina.
La Russia non è interessata a fornire al Kazakistan la possibilità di inserirsi autonomamente in mare, poiché ciò ridurrebbe l’importanza delle decisioni di Mosca nei suoi confronti. Pertanto, è verosimile che Putin tenterà di esercitare una qualche influenza sulle compagnie di navigazione che avranno accesso all’Ob’-Irtyš, togliendo al Kazakistan la possibilità di portare a compimento ogni iniziativa che possa mettere a rischio l’influenza russa su di esso.
Pechino, dal canto proprio, vive una situazione di stress idrico molto forte che l’ha spinta a siglare con Nur-Sultan un accordo per lo sfruttamento delle acque dell’Irtyš e dell’Illi. La Cina, sui cui territori nascono i due fiumi transfrontalieri, ha concordato di prelevarvi più acqua di quanto le spetterebbe, in modo da rifornire lo Xinjiang. Tale prelievo ridurrebbe di un terzo il corso dell’Irtyš e potrebbe causare dei problemi alla navigazione qualora Pechino ottenesse un ulteriore aumento del volume di acqua da estrarre, vista la propria domanda interna della risorsa. Inoltre, è possibile che la Cina usi la retorica delle Vie della Seta per inserirsi nel progetto di questo nuovo corridoio e guadagnare, così, l’ambito accesso all’Artico, eventualmente tramite un porto fluviale sull’Irtyš cinese.
La creazione di una rotta commerciale sud-nord che dal confine occidentale della Cina dia accesso al Mar Glaciale Artico rappresenta un elemento di assoluta novità nelle dinamiche dell’Eurasia. L’unica incognita resta la posizione della Russia, che in qualunque momento potrebbe decidere di infrangere le speranze kazake di sfuggire dalla prigione dell’Heartland impedendo l’accesso al mare al suo vicino che vuole sentirsi sempre meno isolato.
Nur-Sultan bussa, ma è solo Mosca a poter aprire la porta.