Eccoci alla terza puntata della nostra rubrica Smolensk, curata da Marco Limburgo. Nell’anniversario della morte di Michele I Romanov, si propone l’analisi della cosiddetta “età dei torbidi”, contrassegnata da disordini e agitazioni in tutto il regno, e dell’ascesa dei Romanov al potere.
Il 13 luglio 1645 si spegneva Michele I, il primo esponente dell’ultima dinastia che per secoli avrebbe retto i destini della Russia. I Romanov avrebbero infatti governato, fra alti e bassi, disfatte cruente ed eroiche imprese, fino alle fatidiche giornate del 1917, quando dovettero arrendersi alle forze inevitabili della storia e alla rivoluzione bolscevica che gli sottrasse il trono e la vita stessa. L’ascesa di Michele I mette fine a un periodo di disordini e agitazioni in tutto il regno, la cosiddetta “età dei torbidi”: 15 anni di intrighi e giochi di potere conseguenti al declino della dinastia dei Rjurikidi, coloro che, eredi dei Varjaghi (conquistatori ed esploratori scandinavi), avevano fondato il primo embrione di Stato russo colonizzando le odierne pianure ucraine e monopolizzando i floridi commerci fra il Baltico e Bisanzio.
L’ultimo zar Rjurikide Fëdor I (figlio del famigerato Ivan IV il terribile) si dimostrò fin dalla nascita mentalmente instabile e incapace di regnare attivamente. Questo vuoto di potere favorì, fatalmente, l’aumento del prestigio personale del potentissimo boiardo Boris Godunov (reso immortale dalle attenzioni di Puškin) che iniziò ad accumulare cariche prestigiose fino ad essere nominato reggente dal consiglio di stato. L’aumentare delle fortune dell’avido boiardo coincise inevitabilmente con la fine del regno del giovane re: nonostante l’appoggio delle alte sfere ecclesiali ortodosse (Fëdor aveva elevato Mosca a sede di patriarcato nel 1589) l’ambizione e la complessa rete di interdipendenze e alleanze tessute da Godunov erano troppo ben radicate e quando il principe venne mortalmente ferito nei giardini reali, il popolo non tardò a identificare la longa manus di Godunov dietro il cruento decesso del sovrano.
Nominato da un compiacente patriarca a lui asservito, Boris regnò per sette anni in cui consolidò la macchina punitiva dello Stato, aumentò i balzelli e oppresse i boiardi (tradendo anche coloro che l’avevano appoggiato) con il pugno di ferro, venendosi a scontrare con i tentativi di rivalsa di un presunto figlio di Ivan IV (il cosiddetto falso Dmitrij), legittimo pretendente al trono usurpato e miracolosamente sopravvissuto alle lotte di potere. Il falso Dmitrij I (la storiografia ha in realtà identificato la sua figura nel monaco Grigorij Otrepev) poté contare sull’appoggio di una consistente parte della nobiltà russa, del re di Svezia e Polonia Sigismondo III (a cui aveva segretamente promesso di introdurre il cattolicesimo in terra ortodossa) e di una parte del popolo inviso alle politiche di Godunov. Le fortune del boiardo e del figlio Fëdor II, reggente e associato al trono, terminarono con la morte nel 1605 e l’ascensione di Dmitrij nello stesso anno. La crescente apertura alle potenze straniere (Polonia in primis), il trattamento di favore verso il cattolicesimo e l’ingresso a corte di personalità controverse e invise alla nobiltà crearono in poco tempo il vuoto intorno alla persona del nuovo zar tanto che lo stesso perì in una sanguinosa congiura.
Da allora ulteriore disordine: l’artefice della cospirazione Vasilij Šujskij si incoronò zar (Basilio IV) subito contrastato da un ennesimo Dmitrij e dall’invasione in forze dell’esercito polacco che lo sconfisse in battaglia imprigionandolo fino alla fine dei suoi giorni. Sigismondo III, sconfitta la resistenza russa, impose sul trono il figlio Ladislao occupando Mosca e costringendo i riottosi con l’uso della forza militare. Il popolo, la nobiltà e il clero si coalizzarono contro l’interferenza dell’invasore e diedero inizio a un’estesa e sanguinosa rivolta di liberazione nazionale che costrinse gli occupanti polacchi a una dolorosa ritirata e al riconoscimento dell’indipendenza moscovita (statue e omaggi agli eroi dell’epoca e capitani delle milizie Kuz’ma Minič e Dmitrij Požarskij sono onnipresenti da San Pietroburgo alla Siberia). La fine dell’era dei torbidi si conclude convenzionalmente con l’ascesa (incontrastata) al potere di un’ambiziosa famiglia nobiliare rimasta cautamente defilata nel corso delle convulsioni intestine ma che avrebbe retto i destini della costruzione imperiale russa per i successivi tre secoli, quella dei Romanov. A furore di popolo il potentissimo terzo patriarca della chiesa russa ortodossa, Filarete Romanov, tornato dal forzoso esilio polacco, impose sul trono imperiale l’ancora minorenne e così influenzabile figlio.
La “pace eterna” siglata nel 1617 tra lo zar e la Svezia pose fine al conflitto tra i due paesi e permise a Michele I di recuperare Novgorod e ulteriori territori di confine, consolidando la linea di difesa sul Baltico. Le ostilità con i polacchi terminarono definitivamente solo nel 1634 dopo un ulteriore conflitto figlio di una fin troppo fragile tregua. La confederazione polacco-lituana restituì ai russi i territori conquistati durante “i torbidi” (fra cui la città di Smolensk che dà il nome a questa rubrica) ma incomprensioni, revanscismi e odi atavici avrebbero inevitabilmente portato le due potenze dell’est a incontrarsi ripetutamente sui campo di battaglia.
Quanto alla politica interna, Michele I si adoperò per rafforzare la già ampia influenza dei militari moscoviti, allargando, quindi, la potenza e il prestigio delle forze armate; inaugurò e consolidò una politica di maggiore attenzione verso la modernità dei governi occidentali (numerosi furono i professionisti stranieri invitati a corte e le riforme tentate per rafforzare l’apparato di governo) e irrobustì la centralizzazione della macchina statale allestita intorno a un ristretto numero di fedelissimi funzionari governativi; diede inoltre un impulso considerevole alla colonizzazione dei recenti acquisti territoriali in Siberia e in Asia Centrale stanziando coloni russi, fondando nuove città in postazioni commerciali strategiche e facendo costruire fortificazioni (Kozloz, Irkutsk) per difendersi dal banditismo o dalle aggressioni di confine.