I commenti della stampa russa sulla prospettiva di nuove sanzioni contro Mosca
Le prossime settimane non saranno per nulla semplici per l’inquilino della Casa Bianca. Ad attenderlo, c’è un meeting con il Presidente Putin, previsto a Parigi per domenica 11 novembre. Al centro dell’incontro bilaterale quasi sicuramente ci sarà il tema delle ingerenze russe nelle ultime presidenziali. C’è da ricordare infatti che la questione è piuttosto cara ai democratici, i quali, il 7 novembre, hanno conquistato la maggioranza alla Camera dopo 8 anni di comando repubblicano.
L’ultimo incontro tra i due Presidenti, avvenuto a luglio, ha sollevato critiche riguardo l’approccio “soft” che Trump ha adottato per la questione delle interferenze dei servizi segreti russi nelle elezioni del 2016, che, a detta dei democratici, avrebbero di gran lunga favorito l’ascesa del Presidente Repubblicano e danneggiato altrettanto l’esito dei voti per la Clinton. Nell’ultimo incontro, il tema delle ingerenze nelle elezioni presidenziali non è stato per nulla discusso, dando la priorità a questioni concernenti il disarmo della Corea del Nord e il contrasto al terrorismo islamico, due punti nevralgici per le rispettive strategie in politica estera.
Ad alimentare il clima già teso e carico di aspettative, è la scadenza il 6 novembre dell’ultimatum che era stato posto dagli Stati Uniti alla Russia, in vigore da agosto, in seguito al presunto uso di armi chimiche in Siria e in seguito al caso Skripal’. Il provvedimento fa seguito alla violazione della legge statunitense del 1991. L’ultimatum posto da Washington predisponeva che, entro la data fissata, Mosca accettasse controlli da parte della Casa Bianca atti a verificare l’utilizzo e la proliferazione di armi chimiche, pena l’introduzione di un nuovo pacchetto di sanzioni. Una strategia tit for tat, che il Cremlino, come previsto, ha preferito ignorare.
In ogni caso, in una settimana così decisiva, il tergiversare del Presidente americano in merito alla questione del Russiagate e dell’uso di armi chimiche sembra arrivato ad un termine. Con i democratici al potere alla Camera, l’equilibrio alla Casa Bianca si dovrà reggere per lo più su compromessi politici. In questa nuova stagione della politica americana, i toni autoritari del Presidente Trump vedranno un ridimensionamento, e forse già da questa domenica, in cui le aspettative sono alte, nonostante la legge del ’91 non preveda una precisa tempistica per far scattare le sanzioni.
La tensione per l’imminente vertice bilaterale si respira anche tra le mura del Cremlino. Quasi tutti i quotidiani russi dell’ultima settimana riservano la prima pagina al tema delle nuove sanzioni. È chiara la consapevolezza che negli Stati Uniti in molti si aspettano che Trump porti a casa un risultato più soddisfacente dell’ultima volta. I democratici si aspettano che l’ingerenza dei servizi segreti russi venga posta sul tavolo della discussione una volta per tutte. Per quanto riguarda le sanzioni in seguito all’uso presunto di armi chimiche, non è solo l’ala democratica quanto anche quella repubblicana a esortare il Presidente ad adottare una linea politica più intransigente nei confronti di Mosca. Come sottolineato da un articolo del Meduza, Ed Royce, membro della Camera dei Rappresentanti, è schierato in prima fila tra chi incita l’amministrazione Trump a prendere quanto prima misure per contrastare l’azione della Russia.
Gli esperti da Mosca non hanno mancato di fare commenti sull’irragionevolezza delle sanzioni anti – russe, sostenendo prima di tutto la mancanza di prove a sostegno di tali accuse. Il politologo Alexander Asafov su un articolo di Russia Today ha definito “assurde” le misure all’orizzonte, atte, secondo il suo parere, a fare in modo che il Presidente Trump mostri una rinata assertività nei confronti di Mosca in vista dell’incontro di fine settimana. In questo senso, sembrerebbe che Asafov alluda ad una scelta strategica in merito alla data di scadenza dell’ultimatum, essendo prevedibile il rifiuto della Russia a collaborare, soprattutto dati i recenti sviluppi negativi nelle relazioni reciproche con gli Stati Uniti. Che forse tutti si aspettavano la riluttanza di Mosca e speravano che il mancato rispetto dei termini obbligasse Trump a porre le sanzioni al primo posto nell’incontro bilaterale?
Interessanti anche le supposizioni in merito alla posizione che prenderà l’Europa riguardo alle sanzioni. Le stesse sono state discusse dalla stampa russa in un commento recentemente pubblicato sul sito del Valdai Club. Bruxelles non può voltare le spalle allo storico alleato atlantico, e tanto meno alla Gran Bretagna, tra l’altro in un momento politico delicatissimo che vede l’Unione Europea far fronte alla negoziazione per la Brexit. Con la decisione adottata dal Consiglio Europeo 2018/1544 nel mese di ottobre, Bruxelles riconosce la possibilità per gli Stati dell’Unione di poter applicare le sanzioni a stati terzi, senza puntare il dito contro la Russia. Le sanzioni da Bruxelles consisteranno nel congelamento dei beni e nell’annullamento dei visti di tutti coloro che in qualche modo possono essere considerati responsabili per la proliferazione di armi chimiche in Russia.
In ogni caso, tutto è ancora nelle mani di Washington: se l’America deciderà di applicare le sanzioni, allora Bruxelles farà altrettanto. L’Unione Europea, presa tra due fuochi, sta cercando di trovare un equilibrio tra Mosca, con cui ha importanti progetti energetici in corso di realizzazione, Gran Bretagna, con cui sono in corso le negoziazioni per l’uscita dall’Unione e Stati Uniti, che da mesi minacciano le sanzioni in caso di eccessivo favoreggiamento delle politiche energetiche di Mosca in Europa.
Quel che è certo è che è in corso una stagione di grandi tensioni tra Russia e Occidente, visti i passi del secondo verso una rinata assertività nei confronti di Mosca. La Trident Juncture, la grande esercitazione NATO in Norvegia, l’uscita degli USA dall’INF, le prospettive di nuove sanzioni alimentano il senso di forte ostilità proveniente dal fronte occidentale nei confronti di una Federazione, in cui il popolo sempre di più si stringe intorno al suo leader, alle porte dell’atteso vis-à-vis con Trump per domenica prossima.