“Due Rome son cadute, Mosca è la terza, una quarta non ci sarà”. Incredibile ma vero, siamo tornati lì, alle Epistole che il monaco Filofey di Pskov scrisse al gran principe di Mosca Basilio III (che combatté i tatari e costruì il convento di Novodevicyj), o al di lui figlio Ivan il Terribile, per invitarlo a prendere su di sé la missione redentrice della Russia. Ci siamo tornati domenica scorsa quando Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, dal pulpito della cattedrale di Cristo Salvatore, ha spiegato agli ortodossi che la guerra in Ucraina è fatta per opporsi a coloro che vogliono “il potere mondiale” e che pretendono, come segno di fedeltà, l’adesione all’ideologia Lgbt. Ma questo è peccato, anzi: un peccato spacciato per semplice comportamento umano, cosa che porta l’umanità alla rovina. Insomma: s’invade l’Ucraina per salvare il mondo. E se il paragone con il Cinquecento pare eccessivo, teniamo a mente che il monaco Filofey assegnava al principe il compito di lottare contro tre nemici precisi: eretici, agareni (discendenti di Agar, la concubina di Abramo, ovvero i musulmani) e sodomiti.
Possiamo ipotizzare molte ragioni per cui il Patriarca, dopo alcuni generici appelli alla pace e alla moderazione, ha deciso di indossare l’elmetto. Forse un gentile sollecito dal Cremlino, in questi anni generoso con la Chiesa ortodossa russa. Di sicuro un certo fermento interno alla stessa Chiesa, dove le pulsioni nazionaliste sono forti da tempo e non si nascondono. L’autorità di Kirill (per il mondo Vladimir Mikhailovic Gundyaev), patriarca dal 2009, è sempre stata messa in ombra dalla popolarità da Tikhon Shevkunov, metropolita di Pskov e consigliere spirituale di Vladimir Putin, grande teorico dello scontro tra Russia e Occidente come battaglia finale tra il bene e il male, i valori del cristianesimo e i disvalori del laicismo, la fede e il peccato.
Per afferrare meglio, bisogna ricordare che la Chiesa ortodossa russa prevede due “piste” per la vocazione religiosa. Il clero parrocchiale può sposarsi e avere famiglia, ma è escluso dalla carriera ecclesiastica, riservata ai monaci. Il patriarca Kirill, per esempio, è nipote e figlio di sacerdoti ma è un monaco. E le posizioni più inclini al nazionalismo politico-religioso sono molto più diffuse nell’ambiente dei monasteri, peraltro (per tradizione e per quanto detto appena prima) deputato all’elaborazione del pensiero e delle forme della spiritualità ortodossi.
Qualunque sia la ragione, comunque, ormai Kirill ha schierato la sua Chiesa, cosa che non sarà dispiaciuta a un Cremlino che, chiaramente, ha ora anche il problema del consenso interno. Le conseguenze, però, possono essere esplosive in più di un senso. La Chiesa ortodossa russa ha migliaia di parrocchie in Ucraina (nel 2018 gliene venivano attribuite 18.000), amministrate da sacerdoti che sono quasi tutti nativi ucraini. È facile immaginare quale sia il loro stato d’animo da quando è scoppiata la guerra. Non a caso il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina-patriarcato di Mosca (che risponde al patriarca Kirill ma è indipendente nelle nomine dei vescovi) non solo ha chiesto di “cessare immediatamente le ostilità, che già rischiano di trasformarsi in una guerra mondiale” ma anche invitato a “intensificare la preghiera e unirsi nella difesa della nostra patria”.
Se a questo uniamo il fatto che nel 2018, sotto la spinta dell’allora presidente Petro Poroshenko, è nata una Chiesa ortodossa dell’Ucraina, cioè una Chiesa nazionale, ovviamente ostile al Patriarcato di Mosca e alla Russia ma subito riconosciuta dal patriarca ecumenico Bartolomeo di Costantinopoli, si capisce bene che un clamoroso scisma interno alla Chiesa ortodossa russa (che raccoglie, almeno nominalmente, circa il 70% di tutti i fedeli ortodossi del mondo) è ormai alle viste. Questione ecclesiale ma anche politica, che come minimo porterebbe la Russia a essere ancora più isolata rispetto al resto del mondo. Anche perché le posizioni belliciste di Kirill hanno bloccato il dialogo con papa Francesco, da sempre convinto della necessità di riavvicinare il mondo cattolico e quello ortodosso. Era previsto per l’estate un secondo incontro (dopo quello di Cuba del 2016) tra il Papa e il Patriarca, ora ovviamente annullato.