Nel pomeriggio del 25 novembre tre battelli militari ucraini sono stati catturati dai servizi di sicurezza russi nei pressi dello stretto di Kerč’. La cattura è avvenuta ad opera delle forze messe a protezione del nuovo ponte che collega la Crimea alla Russia, che hanno speronato un’imbarcazione ucraina ed aperto il fuoco sulle altre due prima di abbordarle. Diversi marinai sarebbero stati feriti e si troverebbero ora detenuti dalle forze russe.
L’incidente è grave: il Cremlino non ha negato, come spesso accade, la propria responsabilità, diffondendo anzi i video dell’azione. Dal canto suo Kiev ha risposto dichiarando la legge marziale nelle dieci regioni di confine, mentre la questione si sta rapidamente estendendo al dibattito internazionale. Tuttavia, malgrado la straordinarietà delle misure intraprese e la gravità dell’impatto che ci si attende queste comporteranno, è improbabile che questo sia il preludio ad uno scontro armato su vasta scala.
Il contesto
La Crimea è collegata all’Ucraina via terra: da qui transitano l’elettricità, il gas e l’acqua necessari alla penisola, oltre alla strada e alla ferrovia che la collegano con il resto del continente. Questa è una delle ragioni che spinse Chruščëv ad accorpare la Crimea all’allora Repubblica Sovietica di Ucraina. Questa è anche per inverso la ragione che ha spinto il Cremlino ad iniziare la costruzione di un ponte nello stretto di Kerč’ subito dopo l’annessione della Crimea, allo scopo di collegare la penisola alla propria rete infrastrutturale.
Oggi il ponte esiste: lungo 19 chilometri e costato quasi quattro miliardi di dollari, si staglia fragile e gigantesco tra due mari, quello di Azov e il Mar Nero. Da quando è stato costruito, la situazione nella regione è cambiata drasticamente: il ponte è basso, perciò le navi più grandi non possono oltrepassarlo. Questo non è di disturbo all’attività del porto russo di Rostov-sul-Don, che non può accogliere navi di grande tonnellaggio, ma ostacola invece l’attività dei porti ucraini di Mariupol’ e Berdiansk, dal fondale più profondo. Secondo fonti Ucraine il blocco del transito di navi imposto nei mesi conclusivi della costruzione del ponte ha comportato perdite per 190 milioni di dollari, mentre la somma delle perdite dirette e indirette calcolate dal Ministero dei Trasporti Ucraino ammonterebbe a 60 milioni di dollari annualmente. Sono cifre importanti per la regione: le industrie metallurgiche nella parte della regione controllata dal Governo accedono ai mercati mondiali tramite questi due porti, le cui esportazioni sono una fonte preziosa di valuta estera per il Governo centrale. A questo vanno aggiunti i sempre più frequenti ritardi delle navi mercantili associati con i controlli russi, che hanno fatto alzare i costi del trasporto nel Mare di Azov.
A Nord di questa tormentata rotta commerciale si estende il Donbass occupato dai separatisti filorussi, a Sud la Crimea annessa alla Federazione Russa. Due fronti per l’esercito Ucraino, a cui si è aggiunto il terzo con la crescente militarizzazione di queste acque da parte della marina russa all’indomani del completamento del ponte. A regolare il transito nel Mare di Azov dovrebbe essere il trattato del 2003, che lascia i confini indefiniti e sancisce la comune gestione del mare, che però visti i mutati rapporti tra i due Paesi nel frattempo è stato interpretato dalla parte russa in modo molto elastico e a proprio vantaggio, forte di una preponderanza navale schiacciante: il grosso della flotta ucraina è infatti rimasto in Crimea con l’annessione del 2014. Lo scopo del plateale sequestro di tre battelli ucraini sarebbe quindi quello di usare questa disparità di forze per sancire il controllo russo de facto sul Mare di Azov.
Mentre questa silente riedizione acquatica dell’occupazione della Crimea ha luogo, sulla terraferma l’Ucraina si prepara ad elezioni tanto cruciali quanto incerte e delicate. Il presidente Porošenko punta alla rielezione in un Paese che indica come minacce più urgenti la crisi economica, l’emigrazione di massa e l’impoverimento della popolazione, mentre i cittadini intervistati indicano come le due maggiori questioni da risolvere la guerra e la corruzione endemica.
Alla partenza di una corsa elettorale il presidente in carica, che ha deciso di puntare sullo slogan “Esercito! Lingua! Fede!”, due mesi fa veniva dato come sfavorito, al 6,5% dei consensi dietro il magro 10,6% di Yulija Timošenko.
Le conseguenze
Uno scontro militare su larga scala è improbabile. L’Ucraina ha forze ben sufficienti alla propria difesa terrestre, ma non ne ha abbastanza per tentare un’offensiva risolutiva nei confronti della Crimea o delle repubbliche separatiste del Donbass. Sul mare la disparità di forze è ancora maggiore: per contrastare, o perlomeno dissuadere la flotta russa, sarebbe necessario il supporto di unità navali occidentali, un’eventualità che sembra difficile si realizzi. Dal canto suo Mosca si troverebbe ad affrontare un avversario molto meglio armato e organizzato di quello che cedette la Crimea senza colpo ferire e si trovò poi a contrastare un movimento separatista all’interno dei propri confini. E’ inoltre piuttosto dubbio che la Russia disponga di abbastanza forze per un’invasione su larga scala, o che questa possa essere un’opzione migliore dell’influenza che Mosca potrebbe esercitare con altri mezzi, viste le elezioni imminenti e la fluidità dell’elettorato Ucraino.
La vicenda sarà portata al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dove Kiev potrebbe proporre una missione di monitoraggio sotto l’egida delle Nazioni Unite a salvaguardia della libertà di navigazione nel Mare di Azov. Viste le circostanze della proposta, ci si attende che la Russia ponga il proprio veto.
La decisione più gravida di conseguenze potrebbe essere invece la legge marziale dichiarata a stretto giro in Ucraina il 26 novembre, giorno successivo all’incidente di Kerč’. Votata da 276 parlamentari su 450, è frutto di un compromesso che ha visto il Governo fissare la data delle elezioni e ridurre la durata della legge marziale da 60 a 30 giorni, che avrebbe altrimenti comportato un rinvio della tornata elettorale. L’imposizione della legge marziale è stata anche ammorbidita rispetto a quanto previsto dalla legge quadro e sarà applicata solo alle dieci regioni che confinano con i territori in cui sono presenti le forze russe. E’ comunque un provvedimento mai adottato nemmeno nei giorni convulsi delle fasi iniziali della guerra e riguarda quasi metà delle regioni Ucraine, in particolare quelle abitate da consistenti comunità russofone. E’ anche una decisione che, se applicata, comporterebbe una sostanziale sospensione della democrazia: un fatto che sta facendo discutere e che potrebbe avere un effetto rilevante su elezioni tanto incerte quanto cariche di decisioni difficili e vitali.
Nelle prossime settimane saranno cruciali almeno tre elementi.
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Nelle prossime settimane saranno cruciali almeno tre elementi. Primo, la ricezione di questa vicenda da parte dell’opinione pubblica ucraina. Porošenko si è presentato come il deciso difensore della sovranità Ucraina contro l’aggressione Russa: benché la risposta possa essere considerata inadeguata rispetto all’obiettivo dichiarato, potrebbe avere un impatto sulle elezioni, se un numero consistente di Ucraini accettasse l’invito del presidente a radunarsi attorno alla bandiera, che nella propria visione tiene in pugno. Secondo, è importante capire come e se questa legge verrà implementata. La legge marziale può significare molte cose, dal rimandare le dimostrazioni pubbliche alla chiusura dei canali di informazione, e può essere attivata solo nel caso di reale invasione, oppure essere messa in forza subito, in prevenzione di un attacco russo. In particolare, il come e se la legge marziale verrà applicata è importante per capire se questo rafforzerà o meno il controllo del governo sulla burocrazia e le risorse locali, un elemento che si è dimostrato rilevante nelle elezioni passate. In terzo luogo, ma non meno importante, sarà capire quale sarà la reazione nelle regioni sottoposte a legge marziale che, come accennato, sono in gran parte a forte presenza di cittadini russofoni e nelle quali diversi partiti di opposizione raccolgono una buona parte dei propri voti. E’ noto che una delle migliori possibilità di vittoria per il presidente potrebbe essere quella di arrivare al ballottaggio contro un candidato che possa essere definito filorusso, un’eventualità che gli garantirebbe una maggioranza ora improbabile. In questo senso, qualunque sviluppo dovesse verificarsi in questi tre ambiti potrebbe non contribuire per nulla a dissipare l’incertezza delle elezioni, benché ogni evento possa allo stesso tempo rivelarsi alla fine decisivo.
In ogni caso, l’incidente dello stretto di Kerč’ nei prossimi tempi farà discutere. Almeno fino al 31 Marzo, giorno delle elezioni.
Autore: Giulio Benedetti