Dopo l’apertura della prima rappresentanza diplomatica di Taiwan, la Lituania intensifica la relazione con l’isola puntando sul piano commerciale, suscitando la reazione apertamente infastidita della Cina.
Se il 2021 è stato un anno caldo nei i rapporti tra Vilnius e Pechino, il 2022 non si è rivelato da meno. L’atteggiamento spavaldo della Lituania nei confronti della Cina è quantomeno paradigmatico della condotta in politica estera del Paese baltico, al quale NATO ed Unione Europea non hanno mai risparmiato elogi. Che la piccola Lituania non temesse di confrontarsi con Paesi più grandi e più forti di lei (il Paese non raggiunge i tre milioni di abitanti, contro il quasi miliardo e mezzo censiti da Pechino) è stato chiaro a tutti con l’apertura della prima – ed unica – ambasciata di Taiwan come entità separata dalla Repubblica Popolare Cinese. Una mossa spavalda, che ha attirato l’attenzione e gli applausi dell’occidente, ma nessun altro Stato, per il momento, ha osato seguire l’esempio della Lituania. Grande clamore ha suscitato anche l’abbandono da parte della Repubblica baltica del forum 17+1, sempre nel 2021, cui partecipano quasi tutti gli Stati dell’Europa centro-orientale più la Cina. Quest’anno sono state Lettonia ed Estonia a lasciare il tavolo dell’assemblea, creata proprio con lo scopo di incrementare la cooperazione con Pechino dei suoi partecipanti, soprattutto in ambito economico.
La reazione di Pechino è stata dura e non ha lasciato spazio a troppi sottintesi. Il governo cinese ha intimato più volte a Vilnius di riprendere a dialogare esclusivamente con Pechino, smantellando qualsiasi legame diretto con Taiwan, alludendo anche a concrete ripercussioni sul piano commerciale in caso di dissenso. La Lituania, in risposta, non ha mai ceduto alle pressioni. Sulla carta, i Paesi baltici avrebbero dovuto rappresentare lo snodo logistico ideale per l’import dalla Cina nell’ambito del progetto One Belt One Road, la nuova “via della seta”, ma le prime proiezioni si sono rivelate meno rosee del previsto, e, nel complesso, le relazioni economiche dei Baltici con la Cina (e i relativi vantaggi in termini di profitto) sono andati raffreddandosi considerevolmente.
Al contrario, il legame tra Lituania e Taiwan non è mai stato così solido. L’export lituano verso l’isola è cresciuto del 30% nella prima metà del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021, e stando a quanto dichiarato dai rispettivi rappresentanti, è solo l’inizio di una proficua collaborazione da rafforzare negli anni a venire. Il fondo da 200 milioni di dollari Taiwania CEEIF (Central and Eastern European Investment Fund) ha annunciato un investimento da 3,5 milioni di euro nella lituana Litilit, una startup con sede a Vilnius specializzata nel settore dei microcomponenti ottici e dei laser. L’accordo è stato raggiunto con il coinvolgimento del governo lituano e di quello taiwanese, dell’Industrial Technology Research Institute di Taiwan, e dell’azienda lituana Teltonika IoT Group, leader nel design e nello sviluppo di semiconduttori e tecnologie per il settore manufatturiero.
L’obiettivo è creare in Lituania un polo specializzato nello sviluppo e nello studio delle applicazioni dei semiconduttori, sfruttando le competenze dei colleghi taiwanesi, leader mondiali nel mercato (Taiwan produce circa il 93% dei semiconduttori più avanzati a livello mondiale). Per realizzarlo, il Ministero degli Affari Esteri di Taiwan ha disposto anche 27 borse di studio per studenti lituani. “Taiwan è interessata a creare una cooperazione proficua con la Lituania. Il nostro scopo è quello di stabilire una cooperazione strategica per entrambi i Paesi combinando i vantaggi competitivi delle rispettive imprese”, ha dichiarato Eric Huang, capo della rappresentanza taiwanese in Lituania. “I semiconduttori sono il petrolio del ventunesimo secolo”, ha aggiunto.
Huang ha inoltre sottolineato l’importanza della collaborazione tra i due Paesi non soltanto in quanto partner commerciali, ma anche nella difesa e nella tutela dei valori democratici che condividono. “Potremmo mai fidarci di chip o semiconduttori prodotti da aziende di Paesi autoritari? La risposta ovviamente è no. Il rispetto dei valori universali quali democrazia, libertà, tutela dei diritti umani, rispetto della legge è fondamentale in questo settore. Più un chip è avanzato, tanto più è importante il rispetto di questi valori, che sono una componente indispensabile ed intrinseca quando si parla di tecnologia avanzata. La Lituania esprime un deciso supporto verso i valori democratici e verso Taiwan, nell’ambito della coercizione subita dalla Cina. Taiwan vuole mettere la sua esperienza cinquantennale nell’ambito dei semiconduttori a disposizione della Lituania, in qualità di partner commerciale strategico”.
Quella tra Taiwania e Litilit non resterà una collaborazione isolata. Secondo i portavoce di entrambi i Paesi, ci sono molte altre opportunità da concretizzare già entro la fine del 2022 e negli anni a venire. “Abbiamo anche in progetto di riuscire ad esportare la carne lituana a Taiwan. Se tutto andrà secondo i piani, otterremo i permessi già per la fine di quest’anno”, ha dichiarato Huang, che ha anche aggiunto “mi auguro che le aziende lituane e taiwanesi possano collaborare per fornire generi alimentari lituani di alta qualità al popolo taiwanese”.
In ogni caso, a seguito del caos generato dall’avvicinamento a Taiwan, il ministro dell’Economia lituano ha dichiarato che il commercio con la Cina si riprenderà, perché “è impossibile eliminarla completamente come partner commerciale”, e così avverrà anche per quanto riguarda le relazioni diplomatiche tra i due Paesi: “In un mondo globalizzato, dove le catene del valore si intersecano continuamente, la Cina è un attore che non si può estromettere. Nonostante si tratti di un Paese comunista, la Cina ha investito considerevolmente nel settore delle tecnologie avanzate. Spero che il commercio con questo Paese si riprenda”, ha commentato Ausrine Armonaite. Il ministro ha poi aggiunto che “la Lituania e l’Unione Europea stanno intraprendendo i necessari passi affinché questo avvenga, ma molto dipenderà anche da loro (i cinesi). Dopotutto, la Lituania non si è sanzionata da sola”.
I dati mostrano che l’export di merce di origine lituana in Cina è praticamente crollato da gennaio a settembre di quest’anno, con una riduzione dell’81,5% (pari a 25,7 milioni di euro). Non va molto meglio per quanto riguarda la merce in arrivo dalla Lituania, che ha subito una contrazione pari al 67% sui volumi registrati nel 2021 (e corrispondente a 60,7 milioni di euro).
La nuova rotta commerciale con Taiwan potrebbe in parte riuscire a tamponare le mancate entrate di provenienza cinese, ma non sarà comunque sufficiente per compensare interamente le perdite. Per il momento, la Lituania non cambia rotta, e non arretra nella sua opposizione diplomatica a Pechino, nonostante questa si ripercuota pesantemente su sul portafoglio.