L’ultimo mese dell’anno racchiude diverse pagine di storia, anche recente, molto significative per il Paese centroasiatico. Conoscerle può aiutarci a comprendere alcuni processi in atto ancora oggi. Il 16 dicembre, in particolare, sembra essere una data ricorrente e ricca di importanza. Ma facciamo un passo indietro e vediamo insieme alcuni di questi avvenimenti.
Attualmente in Kazakistan il 16 dicembre si celebra la Giornata dell’indipendenza, in occasione della dichiarazione di indipendenza dall’Unione Sovietica avvenuta nello stesso giorno del 1991. Se è vero che la nuova repubblica fu l’ultima delle 15 a compiere tale gesto, lo è anche il fatto che pochi anni prima fu uno dei primi luoghi a dar vita a proteste contro i vertici sovietici. Tali proteste, oggi ricordate semplicemente col nome kazako che indica il mese di dicembre – Jeltoqsan – vengono commemorate ogni anno nella stessa data.
16-19 dicembre 1986: Jeltoqsan
Tra gli eventi che sicuramente hanno contribuito a formare l’identità nazionale kazaka ci sono sicuramente le violenti proteste del 1986. Ancora oggi sono molti i punti da chiarire su ciò che accadde, sul numero delle vittime e, soprattutto, sui responsabili. E quest’ultimo punto ha inciso anche sulla narrazione che ne è stata fatta nel corso degli anni. Ma cerchiamo di capire il perché della loro importanza.
È il 16 dicembre 1986 quando Gorbachev prende la decisione di rimuovere il kazako Dinmukhamed Kunaev dal ruolo di Primo segretario del Partito comunista kazako e di affidare invece la carica a Gennady Kolbin. Si tratta di un russo che non ha alcuna conoscenza del Paese delle steppe né sa parlare il kazako. Questo provoca un forte malcontento nella popolazione e già a partire dal giorno seguente molte persone, prevalentemente di etnia kazaka, scendono in strada per manifestare il proprio dissenso. Nata come una dimostrazione organizzata da parte di alcuni studenti, nel giro di poco si estende coinvolgendo altri cittadini.
Le proteste si svolgono con differenti portate in varie città, ma il cuore degli scontri è l’ex capitale Alma-Ata (oggi Almaty). La stima dei partecipanti varia da 3.000 a 60.000 a seconda delle fonti. Le autorità decidono di intervenire sedando le manifestazioni in maniera violenta e riuscendo a reprimerle il 19 dicembre. La permanenza di Kolbin in Kazakistan comunque non sarà lunga. Nel 1989 torna infatti a Mosca e viene sostituito da Nursultan Nazarbayev, che rimarrà alla guida del Paese fino al 19 marzo 2019.
Si può asserire che le proteste del 1986 hanno una dimensione di tipo etnico e che rappresentano una prima e importante crepa tra i kazaki e i russi residenti nella Repubblica, marcando le differenze tra i due gruppi e i loro diversi obiettivi a livello politico. Bisogna inoltre ricordare l’alto numero di russi presenti sul territorio kazako: al crollo dell’URSS i kazaki non rappresentavano l’etnia dominante e questa tendenza ha iniziato a invertirsi solamente a partire dai primi anni Novanta. Per non parlare del ruolo della lingua nazionale e delle poche cariche importanti ricoperte dai cittadini di etnia kazaka. C’era un forte malcontento celato e le proteste di quell’anno non furono improvvise. Bisogna però sottolineare che le persone non scesero in piazza per chiedere l’indipendenza e il ruolo di questi eventi all’interno di tale processo è ancora oggi dibattuto.
16-17 dicembre 2011: la strage di Zhanaozen
La città di Zhanaozen, situata nella regione del Mangystau, è nota ai più per essere il luogo che ha dato il via alle proteste del gennaio 2022. Ma già undici anni prima era stata protagonista di un’altra pagina nera della storia kazaka. Proprio qui, almeno 17 persone (ma il numero delle vittime non è certo neanche in questo caso e si stima sia molto più alto) hanno perso la vita tra il 16 e il 17 dicembre del 2011. La tragedia pose fine a una serie di scioperi e manifestazioni che duravano già da diverso tempo.
Pochi mesi prima, nel maggio dello stesso anno, i lavoratori della OzenMunayGas, una filiale della compagnia statale petrolifera e del gas KazMunayGas, iniziano a scioperare nella speranza di ottenere migliori condizioni lavorative. Nonostante operino in un settore trainante dell’economia kazaka, i loro stipendi sono al di sotto della media nazionale e di conseguenza le loro condizioni di vita sono molto difficili. Nel giro di un breve periodo gli scioperi e le manifestazioni si estendono ad altre città e a lavoratori operanti anche in altri settori; si aggiungono inoltre i dipendenti di altre compagnie petrolifere.
Ma le compagnie si uniscono e dichiarano illegali gli scioperi: nel giro di pochi mesi a centinaia perdono il posto di lavoro e molti vengono arrestati. Si giunge così al 16 dicembre, Giorno dell’indipendenza nazionale, in cui oltre ai lavoratori anche i semplici cittadini si recano nella piazza principale della città. Nonostante la natura pacifica della manifestazioni, le forze dell’ordine decidono di usare la violenza per liberare la piazza. I presenti vengono accusati dalle autorità e viene dichiarato lo stato d’emergenza.
A seguito di questi tragici eventi vengono svolte delle indagini che portano ad alcuni licenziamenti, tra cui quello di Timur Kulibayev, genero dell’allora presidente Nazarbayev. Alcuni dei manifestanti vengono accusati. Molte cose non sono chiare ancora oggi, ma stando a numerose testimonianze è evidente che ci siano state numerose violazioni dei diritti umani. Non solo, le condizioni dei lavoratori attualmente non sono poi molto migliori rispetto a una decina di anni fa.
Sono pagine di grande rilievo che hanno una profonda influenza sulla società kazaka odierna. Il modo in cui vengono raccontate (e qui si fa riferimento soprattutto nel primo caso alla narrazione usata dal governo) può avere effetti di diversa entità nella costruzione di una memoria storica collettiva, in una nazione giovane in cui il processo di nation-building è ancora in atto.