Sia Federazione Russa che Iran sono oggi più che mai soggetti a una forte politica di isolamento internazionale e diplomatico da parte dell’Occidente, in relazione tanto alla guerra in Ucraina quanto ai metodi repressivi con cui Teheran cerca di silenziare le massicce proteste in corso. In questa particolare contingenza i due Paesi trovano nuovi spunti per alimentare un’intesa multisettoriale che, tuttavia, è figlia quasi esclusiva della difficile contingenza attuale.
La questione dei droni
La notizia delle forniture di droni militari e di missili terra-terra da parte dell’Iran alla Federazione Russa nel contesto della guerra di aggressione in Ucraina ha incrinato le già fragili relazioni tra Iran e Occidente.Già a luglio, il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan aveva mosso le prime accuse, affermando che Washington era in possesso di informazioni secondo cui Teheran sarebbe stata pronta a rifornire Mosca di diverse centinaia di droni, inclusi unmanned aerial vehicles (UAV) con capacità di fuoco da utilizzare nel conflitto in Ucraina. Ad ottobre sempre gli Stati Uniti hanno accusato l’Iran di aver inviato istruttori e assistenza tecnica nelle aree occupate dalle truppe russe in Ucraina per fornir loro supporto nella conduzione di attacchi mirati tramite droni. Ma non solo, secondo l’intelligence statunitense i russi avevano precedentemente ricevuto formazione sulla conduzione delle tecnologie UAV in territorio iraniano.
Oleksiy Danilov, Segretario del Consiglio nazionale per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina, ha riportato che personale di origine iraniana è stato trovato – e successivamente eliminato – in Crimea, dove prestava aiuto alle forze russe nel pilotare i droni kamikaze Shahed-136 forniti dall’esercito iraniano. Il 23 novembre scorso le agenzie di intelligence ucraine hanno affermato che l’Iran era pronto a consegnare più di 200 droni tra Kamikaze Shahed-136, Arash-2, Mohajer-6 da ricognizione e UAV da combattimento. Londra ha supportato la tesi, aggiungendo che con molta probabilità la Federazione Russa continuerà a rifornirsi di queste tecnologie aeree dall’estero, in quanto canale più immediato rispetto alla produzione interna di nuovi missili da crociera. Secondo un rapporto della CNN, Teheran si sta preparando a inviare alla Russia circa un migliaio di armi aggiuntive, includendo missili balistici a corto raggio terra-terra e altri droni d’attacco. Significativo che il 3 dicembre il Capo di stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammed Hossein Bagheri abbia incontrato a Teheran il Viceministro della difesa russo Alexander Fomin come riferito dall’Institute for the Study of War, sostenendo che i due abbiano potuto discutere di cooperazione militare e negoziare la vendita di nuovi armamenti.
In tutto questo, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian ha criticato le speculazioni mediatiche sul presunto sostegno di Teheran a Mosca nella guerra in Ucraina, affermando che il suo Paese aveva sì fornito droni alla Federazione Russa, ma in quantità limitata e molto prima che il conflitto in Ucraina scoppiasse. Ha inoltre accusato gli Stati Uniti e l’Occidente in generale di sfruttare i disordini interni all’ Iran attraverso una campagna di disinformazione e manipolazione delle istituzioni internazionali contribuendo in tal modo ad incitare la violenza. Dopo l’uccisione di Mahsa Amini il 16 settembre, infatti, nella Repubblica Islamica continua senza sosta un’ondata di manifestazioni popolari senza precedenti a condanna della repressione e della violazione dei diritti umani da parte del governo. Queste manifestazioni hanno contribuito ad incrinare ulteriormente il rapporto tra il Paese mediorientale e l’Occidente e i leader europei sembrerebbero aver assunto una posizione più dura, esercitando nuove pressioni negoziali sull’Iran in chiave umanitaria. In questa circostanza, l’Iran non può che beneficiare da una rinnovata intesa con la Russia che potrebbe anche aiutare Teheran nella gestione dei sistemi di controllo del dissenso, un’esigenza ora impellente come non mai. Inoltre, il fatto che Mosca abbia fatto ricorso ai droni iraniani per condurre attacchi in Ucraina segna una svolta importante nella cooperazione militare tra i due Paesi in quanto ricalibra una relazione patrono-cliente in cui la Russia aveva in precedenza una maggiore la leva.
L’intesa multilivello tra Mosca e Teheran
Entrambe sotto forti sanzioni da parte occidentale, Teheran e Mosca hanno intensificato le relazioni bilaterali a partire dalla visita ufficiale di Putin in Iran lo scorso luglio, con annesso incontro con il leader turco Erdogan. Sono spuntate nuove intese non solo a livello economico ed energetico, ma anche progetti di integrazione regionale dall’Indo-Pacifico al Mediterraneo. L’Iran ha chiesto a Mosca di poter aderire all’Organizzazione per la cooperazione di Shangai (SCO) che riunisce tre Paesi centro-asiatici attorno al duopolio Russia-Cina, ma ha anche mostrato interesse anche per l’ingresso nei BRICS+. Negli incontri di luglio, inoltre, ha avuto spazio anche il tema del consolidamento dell’International North-South Transport Corridor. Quest’ultimo collega l’India alla Russia, avendo nell’Iran un pivot fondamentale e rappresenta uno degli assi lungo cui il Cremlino sta cercando di sviluppare relazioni politiche ed economiche alternative a quelle, ormai compromesse, con l’Europa.
Tutte dinamiche che marcano una nuova fase delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Si tratta, tuttavia, di una ritrovata intesa più a livello tattico che strategico. Va ricordato, infatti, che i due Paesi sono disallineati su diverse questioni internazionali, soprattutto per quanto riguarda due teatri importanti in Medio Oriente: Siria e Afghanistan, dove cercano di estendere la propria influenza perseguendo obiettivi strategicamente differenti. In particolare, Teheran ha interesse per l’inizio di un percorso di “iranizzazione” della Siria, funzionale a rafforzare il peso specifico degli sciiti in Iraq e di Hezbollah in Libano e in chiave di un’unione pan-sciita dove l’Iran sia la potenza guida. La Federazione Russa, invece, mira ad arginare l’islamismo sunnita sempre più vicino ai confini russi, ad espandere le proprie basi militari nel Mediterraneo e a proporsi come mediatore della pace siriana nel dopoguerra, così da aumentare ulteriormente la propria influenza in Medioriente, non preoccupandosi di mettere in secondo piano potenze regionali come lo stesso Iran. È tuttavia poco probabile che la Siria possa creare una spaccatura definitiva tra Iran e Russia, poiché gli interessi economici, militari e geopolitici in comune tra le due potenze sono oggi di vitale importanza.
Una necessità impellente e condivisa da entrambi gli attori è riuscire a mitigare gli effetti delle sanzioni occidentali. Non deve stupire, quindi, che nuovi accordi commerciali ed energetici siano stati siglati quest’anno. La National Iranian Oil Company e Gazprom hanno firmato il 19 luglio scorso un memorandum d’intesa dal valore di 40 milioni di dollari riguardante sia il petrolio che il gas. In particolare, Gazprom dovrebbe aiutare la National Iranian Oil Company (Nioc) nello sviluppo dei due giacimenti di gas South Pars e Kish, di sei giacimenti petroliferi e nella costruzione terminali GNL. Ad ottobre l’Iran ha annunciato un altro contratto con Mosca per la fornitura di turbine destinate all’industria del gas russa, colpita dalle sanzioni occidentali a causa dell’invasione dell’Ucraina. A novembre si è saputo di un ulteriore accordo «per il valore di 4 miliardi di dollari che prevede lo sviluppo dei giacimenti e l’esportazione», come ha informato il ministro del Petrolio iraniano Jevad Ovci in una conferenza stampa.
Se a inizio anno l’Iran pensava di sopperire al “vuoto energetico” lasciato in suolo europeo dalla Russia, questa possibilità è sfumata velocemente per un motivo principale: negli ultimi trent’anni Europa e Stati Uniti hanno isolato sistematicamente Teheran da qualsiasi grande progetto energetico internazionale, preferendo alla Repubblica Islamica “anti-occidentale” i suoi concorrenti quali Russia e Qatar. In ultimo, le sanzioni statunitensi contro l’esportazione della tecnologia GNL in Iran e la costruzione di gasdotti verso l’Europa hanno spento ogni possibilità che le forniture di gas iraniano raggiungessero l’Occidente.
È, quindi, probabile che finché il regime sanzionatorio non permetterà all’Europa di investire nel settore energetico iraniano, la Federazione Russa rimarrà uno dei partner maggiormente promettenti a livello energetico per Teheran. Mosca cercherà di approfittarne e ottenere delle leve di influenza sul settore del gas iraniano, non solo in termini di produzione di gas, ma anche nella creazione di nuove rotte per la sua esportazione. Dato che la Russia e l’Iran detengono rispettivamente la prima e la seconda più grande risorsa mondiale di gas, si è diffusa la preoccupazione che questa rinnovata cooperazione possa dare vita a un “cartello globale del gas”. Tuttavia, date le rispettive economie messe duramente alla prova e la continuazione di forti sanzioni da parte dell’Unione Europea, nonché dal principale importatore di gas a livello mondiale, la possibilità che questo cartello possa avere successo è remota.
Un’implicazione non da poco: la questione del nucleare
Più problematica sembrerebbe essere, invece, la delicata questione del nucleare iraniano e del raggiungimento di un nuovo accordo dopo il ritiro degli Stati Uniti dal JCPOA. Secondo l’intelligence statunitense l’Iran ha di recente chiesto il sostegno della Russia per l’acquisizione di ulteriori materiali nucleari e per la fabbricazione di combustibile che potrebbe alimentare i suoi reattori e contribuire ad accorciare il cosiddetto “tempo di evasione” necessario a creare un’arma nucleare. Una preoccupazione accresciuta dal fatto che il raggiungimento di un rinnovato accordo sul nucleare sembra ben lontano. La repressione violenta del regime iraniano nei confronti dei manifestanti e il sostegno alle operazioni militari russe in Ucraina hanno reso sempre più difficile per l’amministrazione Biden pensare di concludere un accordo con Teheran.
Ma non solo, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, i negoziati si sono incagliati ulteriormente anche in seno all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Ad aver cambiato approccio, in particolare, è la Federazione Russa. Questa è passata dall’esercitare un ruolo chiave di mediazione, ad un approccio meno costruttivo. Nei vari round che si sono tenuti a Vienna nel corso del 2021, infatti, Mosca ha svolto un ruolo cruciale senza esitare a criticare le scelte poco avvedute di Teheran, come l’inizio dell’arricchimento dell’uranio fino al 60% e la sospensione dell’attuazione del protocollo addizionale che aveva sino ad allora concesso all’AIEA un accesso più ampio alle informazioni e ai luoghi all’interno del paese. Negli ultimi mesi, invece, la Federazione sembra aver assunto una posizione più indulgente, soprattutto a partire dallo scorso giugno, quando i negoziati sono deragliati. In quel mese, trenta membri del Consiglio di amministrazione dell’AIEA hanno votato a favore di una risoluzione – respinta dalla Russia – che invitava l’Iran a cooperare pienamente con le indagini degli ispettori delle Nazioni Unite su tracce di uranio trovate in tre siti non dichiarati. Successivamente, l’Iran ha scollegato diverse telecamere dell’agenzia installate nei siti nucleari, senza che la Federazione Russa esprimesse particolare dissenso o preoccupazione. I delegati russi hanno, invece, accusato la risoluzione di aver minato la “continuazione del normale impegno dell’Iran con l’Agenzia internazionale per l’energia atomica su questioni in sospeso“. Inoltre, proprio in quel mese,secondo quanto riportato dalla CNN, una delegazione russa ha visitato diverse volte l’Iran per esaminare droni dotati di armi.
Va detto, però, che è improbabile che Mosca prenda una posizione in favore del nucleare iraniano e, anzi, è altresì probabile che il suo nuovo posizionamento in seno all’AIEA derivi dalla volontà di esercitare una certa leva “nucleare” sui Paesi occidentali sanzionatori.
In conclusione, l’intesa su vari livelli raggiunta da Mosca e Teheran oggi non è trascurabile e segna una fase importante del loro partenariato, in cui la seconda sembra aver incrementato il proprio peso in termini militari. Tuttavia, divergenze consistenti di tipo strategico continuano a persistere su diversi fronti in Medio Oriente. Del resto, i due Paesi si sono distinti nel corso degli anni per un legame basato più sulla difesa di interessi comuni a fronte di circostanze esterne, che su un vero e proprio allineamento strategico regionale. Secondo alcuni analisti un punto interrogativo nell’evoluzione delle relazioni tra i due Paesi sarà l’eventuale successione, durante la presidenza Raisi, dell’Ayatollah Khamenei. Quest’ultimo ha infatti uno stretto rapporto con il Presidente Putin e la sua perdita potrebbe portare a un punto di collisione nella relazione bilaterale. D’altra parte, l’importanza della Russia come partner in un ordine mondiale multipolare e il suo sostegno all’ingresso dell’Iran nelle istituzioni eurasiatiche, suggeriscono che il partenariato Russia-Iran durerà in ogni plausibile scenario di successione.