E di leva è tornata a parlare anche Giorgia Meloni, ospite al raduno degli Alpini in Friuli. Dopo un anno di guerra in Ucraina, cosa può insegnarci il caso estone a riguardo?
In Italia, la leva obbligatoria è stata abolita nel 2005, con la legge Martino, e da allora non c’è stato un serio dibattito per reintrodurla. Tuttavia, sporadicamente qualche politico ritorna sul tema, come ha fatto Giorgia Meloni a Udine, rispolverando la cosiddetta mini-naja, ovvero un servizio militare ridotto su base volontaria della durata di 40 giorni. Non si tratta di un’idea nuova per la verità, dal momento che il progetto esiste già dal 2010, ma lo scarso utilizzo ne ha impedito il rifinanziamento, condannandolo così alla prescrizione (almeno per ora).
Quanto accaduto in Italia va di pari passo con la tendenza generale dei Paesi dell’Europa occidentale dopo la fine della Seconda guerra mondiale e della cortina di ferro, quando dal 1992 al 2011 si è assistito al graduale abbandono dei servizi di leva obbligatori, con la sola eccezione di 8 Paesi. Da allora, il ruolo delle forze armate e dei relativi investimenti si è concentrato sulla tecnologia, invece che sul mantenimento di armate sempre “pronte all’uso” come era stato nei decenni precedenti, in linea con l’evoluzione della società e la minor percezione di una minaccia bellica che ne giustificasse la presenza (a differenza di quanto accaduto fino a quel momento).
I Paesi aderenti alla NATO (e quindi alleati degli Stati Uniti), inoltre, hanno vissuto la transizione con relativa serenità, il che ha permesso loro di riconvertire parte della spesa per la difesa in progetti a sfondo sociale, trasformando la vecchia leva obbligatoria in volontaria. Il prolungarsi della guerra in Ucraina (quindi in pieno territorio europeo) ha però costretto gli stessi Paesi dell’Europa occidentale a chiedersi se non sia il caso di reintrodurla, almeno temporaneamente.
A proposito di leva obbligatoria in Europa, costituiscono un’eccezione Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Svezia, Austria, Cipro e Grecia, dove la coscrizione non è mai stata abolita. Per alcuni di questi Paesi, il fil-rouge è evidente: Estonia, Finlandia, Lituania e Svezia sono paesi limitrofi o confinanti con la Federazione Russa, con la quale vivono tutt’ora relazioni controverse, ereditate dal passato sovietico e non solo. Inoltre, a seguito degli sviluppi causati dalla guerra in Ucraina, saranno presto tutti parte dell’Alleanza Atlantica, Finlandia e Svezia incluse.
Il caso estone
Ma veniamo all’Estonia. Oltre ad un vicino di casa ingombrante, la repubblica baltica soffre l’”aggravante” di essere un piccolo Stato, fattore che contribuisce a mantenere alto il livello d’allarme, nonostante il doppio ombrello di NATO ed Unione Europea. Questo fa sì che il tema della difesa nazionale si allarghi non solo alla sfera strettamente militare, ma si espanda a quella, decisamente poliedrica, della cittadinanza. Per gli estoni, infatti, la sicurezza nazionale è un tema sociale, che si impara a conoscere già dall’infanzia, sotto forma di “educazione patriottica”: ad esempio, già dai 7 anni i bambini possono prendere parte a due organizzazioni paramilitari, rispettivamente la Young Eagles (Noored Kotkad) per i maschi e la Home Daughters (Kodututred) per le femmine. Qui imparano la storia estone e l’educazione civica, si organizzano corsi di arrampicata e gite in campeggio, tutte attività in Estonia considerate connesse alla sicurezza nazionale.
In Estonia, tutte le attività riguardanti la difesa fanno capo al relativo Ministero, e sono ripartite in due organizzazioni separate: in primis le EDF – Estonian Defence Forces, che si occupano della coscrizione, dei riservisti, delle missioni domestiche e di quelle all’estero (come ad esempio quelle a supporto delle Nazioni Unite), e che sono permanenti, quindi continuano il loro svolgimento anche in tempo di pace, e la EDL – Estonian Defence League, che invece coordina i volontari di leva, le attività giovanili e quelle legate al mondo scolastico.
Il principio alla base della difesa nazionale estone è infatti quello della risposta immediata, rapida e flessibile, che giustifica quindi il mantenimento della coscrizione, a differenza della maggior parte degli altri Paesi dove la leva è oggi esclusivamente su base volontaria. Va precisato che quest’ultima è di fatto presente anche in Estonia, ma ha implicazioni più ampie e non si intende circoscritta al solo ambito militare: ai volontari e ai riservisti è infatti richiesto di intervenire anche in caso di calamità naturali, disastri o altre situazioni di emergenza (comportandosi di fatto come una sorta di corpo di protezione civile). L’EDL è ripartito quindi in 4 zone di “difesa territoriale” (zona Nord, Sud, Ovest ed Est), ognuna delle quali raggruppa 15 distretti (territorial defence units), che corrispondono più o meno alle divisioni amministrative dell’Estonia, e rappresentano l’equivalente di un battaglione. Questi battaglioni seguono sessioni di addestramento durante l’anno, anche per l’uso delle armi. In caso di guerra, non gli è richiesto di affiancare l’esercito, ma di effettuare operazioni di supporto logistico e difesa delle municipalità e delle rispettive competenze territoriali.
Come funziona la leva obbligatoria in Estonia
La coscrizione obbligatoria in Estonia coinvolge i cittadini maschi e si basa sul principio della territorialità. Le reclute possono scegliere tra il tradizionale servizio di leva, che dura tra gli 8 e gli 11 mesi, o un anno di servizio “alternativo” (simile al nostro servizio civile). A 17 anni, i cittadini ricevono una notifica da parte del Ministero della Difesa che li invita a presentarsi alla visita medica obbligatoria e a esporre le proprie preferenze riguardo al tipo di servizio e al momento in cui prevedono di svolgerlo: questo va infatti dai 18 ai 27 anni di età dei candidati, molti dei quali chiedono di posporlo dopo gli studi universitari. Durante il servizio militare, il datore di lavoro è obbligato a preservare il posto della recluta fino al suo ritorno.
Annualmente, circa 2600 coscritti sono indirizzati verso la fanteria, 100 nella marina e circa 800 tra la divisione cyber e le forze speciali. Al momento, alle reclute non è permesso di scegliere l’aviazione. La divisione cyber è il nuovo fiore all’occhiello delle forze estoni, oltre che quella con i requisiti di ingresso più sofisticati. Ai cittadini che vi prendono parte sono impartite nozioni IT utili sia durante l’esperienza della leva militare che nella vita civile. In generale, questo principio vale anche per le altre divisioni: durante servizio militare, le reclute guadagnano certificazioni e competenze spendibili poi anche nella vita lavorativa, come le patenti speciali per i veicoli. Per coloro che non vogliono prendere parte al servizio militare tradizionale invece, l’articolo 12 della Costituzione garantisce la possibilità di scegliere quello civile, nel rispetto delle proprie convinzioni religiose ed etiche.