Il porto di Anaklia è un grande progetto infrastrutturale sulle coste georgiane del Mar Nero orientale, che mira a diventare uno snodo logistico e commerciale fondamentale lungo la rotta Ovest-Est. Al netto delle luminose prospettive, i grandi interessi che si muovono attorno a questo disegno sollevano molte incognite, siano esse di natura finanziaria, istituzionale o geopolitica.
Anaklia è una piccola cittadina georgiana di circa 1.000 abitanti, nella regione Samegrelo-Zvemo Svaneti. Situata sulla costa a nord di Poti, principale scalo marittimo della Georgia, il villaggio è salito alle cronache nel 2016, quando il Governo georgiano ha presentato un maestoso piano per la costruzione del primo ed unico porto “deep-water“ [ovvero, la profondità delle cui acque (16 m) consentirebbe di ospitare navi cargo di grandi dimensioni, come le Panamax (294 m x 32,3 m x 12,04 m di pescaggio) e capaci di trasportare fino a 10.000 TEU (1 TEU = 1 container da 40 m3)] del Mar Nero. Un disegno ambizioso, che si inserisce in un contesto in crescita e la cui posizione geografica è da sempre strategica.
Quali possibilità?
L’implementazione del progetto apre nuove rotte e prospettive per la logistica ed il commercio. Con il porto di Anaklia operativo, un mercantile oceanico proveniente dalle Americhe o dall’Europa e diretto verso Est (Azerbaijan, Asia centrale, Cina, Afghanistan o Pakistan) potrebbe far rotta verso l’estremità orientale del Mar Nero. Allo stesso modo, le merci provenienti dall’Oriente, grazie anche ai nuovi porti caspici in costruzione in Kazakhstan, Turkmenistan e Azerbaijan (ad es. Alyat, N.d.A.) consentiranno alle merci di spostarsi direttamente ad Ovest in treno da Baku attraverso la Georgia, e da lì in Turchia o ad Anaklia. Evitando più lunghe e impegnative navigazioni, i vantaggi legati alla riduzione delle distanze, dei costi e delle tempistiche rendono il piano molto competitivo. Per la Georgia, l’occasione è quella di inserirsi attivamente nelle dinamiche Europa-Cina, prestandosi a diventare un possibile hub per il confine meridionale nella grandiosa Nuova Via della Seta a guida cinese.
Non bisogna dimenticare come il Caucaso sia già coinvolto in queste rotte emergenti. Il programma TRACECA (Transport Corridor Europe-Caucasus-Asia), avviato nel 1993 dall’UE assieme ad altri 14 Paesi, coinvolge in pieno questa regione, così come il recente ITC-CSBS (Caspian Sea–Black Sea International Transport Corridor) dalla Romania al Turkmenistan. Lo sviluppo lungo questa direttrice operativa negli ultimi anni ha ricevuto un notevole slancio: il gasdotto Baku-Tbilisi-Erzurum, che si allaccia poi al TANAP turco; l’espansione del trasporto ferroviario civile e commerciale (la compagnia Georgian Railways è coinvolta nel progetto MIR-METR, la Via della Seta su rotaia) dalla costa del Caspio a quella del Mar Nero e gli ingenti investimenti dell’Unione Europea nelle infrastrutture azere e georgiane (ad es. stanziamento di 3,5 miliardi € per 18 progetti di Tbilisi, N.d.A.) stanno ad indicare un deciso interesse per questa percorso Est-Ovest, ausiliario al progetto OBOR.
Quali attori?
Oltre al sostegno finanziario di Bruxelles verso il governo di Tbilisi, in questo disegno sono coinvolte direttamente alcune società europee, come la svizzera ABB e la new entry francese Effiage. Non è solo l’Europa, però, a scommettere sul porto di Anaklia. Infatti, l’intero progetto è gestito dalla joint-venture Anaklia Development Consortium, a guida Georgia-USA (rispettivamente, TBC Holding e la newyorkese Conti Group), sin dalla sua presentazione. Nell’estate 2017, la società statunitense SSA Marine, uno dei maggiori gestori logistici al mondo, è diventata ufficialmente l’operatore del terminal container per questo scalo marittimo. Il possibile sbocco verso l’Asia centrale potrebbe, potenzialmente, consentire agli Stati Uniti di aprire una “breccia” in una macroregione storicamente sotto l’influenza di Mosca. Washington potrebbe trovare rinnovate intese con Bruxelles nello sviluppo di una strategia estera NATO-UE nei confronti del Caucaso e delle Repubbliche centroasiatiche, per contrastare la presenza sino-russa.
Tuttavia, nonostante le tensioni internazionali, anche Pechino figura tra i diretti interessati. La Cina, soprattutto dopo la firma del Free Trade Agreement con Tbilisi nel 2017, è diventata il terzo partner commerciale della Georgia, aumentando la propria presenza di 40 volte rispetto al 2002. Inoltre, la sola Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) cinese coprirà circa il 25% del costo totale del porto di Anaklia. La repubblica caucasica ha anche acquistato 28 treni merci cinesi e ha accettato di collaborare con la Cina per lo sviluppo della propria rete energetica e dell’agricoltura. La penetrazione cinese ha quindi già abbondantemente superato l’Asia centrale e sta agendo trasversalmente nel Caucaso (altro esempio, il supporto della People’s Bank of China al TITR – Trans-Caspian International Transport Corridor). La mano di Pechino si muove anche in altri settori: il recente accordo sulla promozione dell’insegnamento della lingua cinese nelle scuole georgiane mostra chiaramente uno degli aspetti della pervasiva soft power del Dragone.
Quali ostacoli?
Il principale oppositore all’implementazione di questo progetto è il Cremlino, i cui timori si dispiegano in diversi settori. Dal punto di vista economico, l’operatività del corridoio caucasico Est-Ovest rischia di sottrarre clienti e lavoro al trasporto russo, soprattutto al tratto europeo della Transiberiana, distogliendo traffico e centralità strategica alla Via della Seta “settentrionale”. La risposta russa è nello sviluppo del Corridoio Nord-Sud (Russia – Azerbaijan – Iran), collegamento ideale dall’Artico russo all’Oceano Indiano che proprio nel Caucaso (nel suddetto porto azero di Alyat) incrocia i destini della rotta Est-Ovest. Inoltre, Mosca teme il potenziale danneggiamento che ne conseguirebbe per il suo progetto similare a Novorossijsk, lungo la costa russa del Mar Nero.
Sotto l’aspetto geopolitico, la principale minaccia è quella militare. La capacità del nuovo scalo georgiano, secondo la Difesa russa, consentirebbe al Paese in odore di NATO di ospitare senza problemi parte della Flotta del Patto nordatlantico. La preoccupazione russa si sposa con l’estrema vicinanza di Anaklia al fiume Enguri, confine naturale con il territorio separatista dell’Abcasia, sostenuto dal Cremlino. Il potenziale focolaio di instabilità, di cui Mosca detiene finora le leve, e la vicinanza, non secondaria, con Rostov-na-Donu, sede del Distretto militare meridionale dell’Esercito russo, e con la base marittima di Sebastopoli, quartier generale della Flotta russa del Mar Nero e sito strategico per il controllo delle operazioni in Medio Oriente. Non da ultima, l’eventuale inserimento statunitense nelle dinamiche centroasiatiche metterebbe seriamente a repentaglio il predominio russo, già eroso dall’avanzamento cinese. Tbilisi ha ben presente la pressione esercitata da Mosca sui porti ucraini (si vedano Berdjansk e Mariupol sul Mar d’Azov) e desidera una maggiore protezione dalle aspirazioni russe. Ad oggi, tuttavia, il Cremlino non si è formalmente pronunciato sul progetto, lasciando però ben intendere che non tollererà alcuna attività militare ad Anaklia. Certo, la presenza e gli interessi del partner cinese nell’area possono contenere la ferma opposizione di Mosca, che sia sul fronte caucasico, sia in Asia centrale, sembra cedere sempre di più il passo a Pechino, in un’alleanza che è sempre più sbilanciata in favore di quest’ultimo.
Il progetto Anaklia è quindi un promettente disegno infrastrutturale, che apre e agevola il funzionamento di nuove rotte commerciali. Come ogni opera di ampio respiro (il completamento definitivo è previsto per il 2062), coinvolge grandi interessi contrastanti, riuscendo stranamente ad avvicinare Stati Uniti e Cina e lasciando indietro la Russia, capovolgendo le tensioni internazionali esistenti. L’operatività della struttura, prevista per il 2020, subirà certamente qualche ritardo, anche a causa degli insistenti scandali che coinvolgono i vertici di TBC (principale stakeholder georgiano). Data la complessità delle dinamiche e la posta in gioco, non resta che attendere ulteriori sviluppi, ricordando sempre che “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare“… Nero.