Dal 15 al 17 marzo la Federazione Russa tornerà alle urne per le elezioni presidenziali, e Vladimir Putin senza ombra di dubbio verrà riconfermato per il suo terzo mandato consecutivo. L’incertezza sta piuttosto in chi riuscirà ad assicurarsi il secondo posto, e cosa significherà il risultato delle elezioni per il futuro del dibattito politico in Russia.
A dicembre 2023,Vladimir Putin si è presentato come indipendente, avendo la possibilità di ricandidarsi grazie agli emendamenti costituzionali del 2020. Nello stesso mese, Leonid Slutskij del Partito Liberal Democratico di Russia (LDPR), Nikolaj Kharitonov del Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) e Vladislav Davankov di Nuova Gente (Novye ljudi) hanno annunciato le proprie candidature. In totale, la Commissione elettorale centrale (CEC) ha ricevuto 33 richieste di candidatura, di cui 9 provenienti dai partiti e le 24 restanti con candidatura indipendente. Di questi solo Putin, Slutskij, Davankov e Kharitonov sono risultati idonei. Tra gli ultimi rifiutati si ricordano Sergej Malinkovič di Comunisti di Russia, partito di opposizione al KPRF, Boris Nadeždin di Iniziativa Civica, con un programma anti-guerra, Anatolij Batašev, candidato indipendente, e la blogger Rada Russkikh. Rifiuti motivati dal numero insufficiente di firme o dalla loro invalidità, creando peraltro una controversia tra la CEC e il candidato pacifista Nadeždin. È importante ricordare che queste sono le prime elezioni che includeranno le repubbliche di Donec’k e Luhans’k, nonché le regioni di Kherson e Zaporižžja, per un ammontare di 4,56 milioni di nuovi elettori – ovvero quasi il 4% del totale del Paese[1]. La campagna elettorale è ufficialmente iniziata l’8 febbraio.
I candidati
Al vertice della piramide del potere dal 1999 si trova Vladimir Putin, l’attuale presidente in carica per il secondo mandato di fila dal 2012. In totale, è stato presidente per quattro mandati dal 2000 al 2024, salvo il periodo dalla presidenza di Dmitrij Medvedev dal 2008 al 2012, in cui Putin ha ricoperto la carica di primo ministro. A gennaio, Putin ha raccolto 2,5 milioni di firme a sostegno della sua candidatura, ben oltre le 300mila necessarie. «Sono state raccolte dieci volte più firme di quanto richiesto dalla legge […], tre volte di più di quanto era stato raccolto nel 2018», così ha dichiarato Vladimir Maškov del quartier generale elettorale di Vladimir Putin. Il presidente ha naturalmente il grado più alto di sostegno tra i quattro candidati in corsa. I risultati dei sondaggi del Levada Center, istituto indipendente, hanno infatti rivelato che il tasso di gradimento di Putin si aggira intorno all’80%, un incremento notevole paragonato al 60% precedente all’invasione dell’Ucraina.
In egual misura, l’operato di Putin trova consenso anche all’interno degli altri partiti. Interessante è il caso di Partija Dela di Konstantin Babkin, che fin dalla sua fondazione nel 2010 ha tentato, con qualche difficoltà, di inserirsi a tutti gli effetti nel sistema partitico russo. Come riportato dal quotidiano Kommersant, il Ministero della Giustizia ha richiesto al partito di adeguare il proprio statuto alla legislazione attuale e di rieleggere i suoi organi operativi. Nonostante un tentativo di conformità nel congresso nell’agosto 2023, il Ministero ha rifiutato la registrazione della nuova versione dello statuto per un errore tecnico. A novembre, ha avviato una causa per sospendere le attività del partito alla Corte Suprema ma le procedure sono state temporaneamente sospese fino all’annuncio ufficiale dei risultati delle elezioni presidenziali. Se il partito non dovesse correggere le carenze entro due mesi, il Ministero può richiederne la liquidazione attraverso il tribunale. Babkin nega la correlazione tra il suo supporto a Putin e la disputa con il ministero della Giustizia, sottolineando che per il futuro della Russia serve un “leader forte” e non avendo la possibilità di nominare un proprio candidato, la scelta non poteva che ricadere sull’attuale presidente. Allo stesso tempo, spera sicuramente che la “dimostrazione di lealtà” aiuti il futuro del suo partito.
Dalle prime elezioni presidenziali tenutesi nella Federazione Russa, il Partito Comunista si è sempre assicurato il secondo posto. Le cose potrebbero cambiare con Nikolaj Kharitonov, candidatosi già alle presidenziali del 2004, considerato da molti troppo debole. Ciò tra le altre cose dipenderebbe dalla riluttanza dell’attuale leader Gennadij Zjuganov a rafforzare la posizione di uno dei suoi possibili successori. Il terzo posto però potrebbe risultare positivo per iniziare un processo di rinnovamento all’interno del partito. A detta del direttore della Progressive Policy Foundation (FPP) Oleg Bondarenko, la nomina di Kharitonov è “infruttuosa” per il partito, e anche a causa della sua età e della sua inattività politica negli ultimi anni “non può essere considerato un politico brillante”. Secondo il politologo russo Evgenij Minčenko, il voto per i comunisti viene solitamente dato dagli elettori che credono nella concorrenza elettorale, ma “ora il KPRF non ha alcuna attrattiva”, e i voti potrebbero migrare verso il candidato liberale Vladislav Davankov. Sergej Serebrennikov, docente dell’Accademia russa di economia nazionale e pubblica amministrazione, allarga la sua analisi alle tendenze della sinistra russa. Il rifiuto di nominare un proprio candidato in favore del sostegno a Putin del partito socialista Russia Giusta – Per la Verità (SRZP) viene da lui definita una mossa dubbia, poiché “indebolisce la stessa possibilità di comunicare l’ideologia” del suo programma. Alcuni punti del programma del presidente Putin quali la “continuazione e il completamento dell’Operazione militare speciale, il nuovo significato del consensus della Crimea, l’anno della famiglia” sono“vicini all’ideologia di sinistra”. Con il sostegno dell’SRZP, adesso l’elettorato socialista voterà per Putin, e c’è anche una buona possibilità che parte dei comunisti preferiranno quest’ultimo a Kharitonov.
È il candidato liberale Vladislav Davankov, attuale vicepresidente della Duma di Stato, a essere considerato il probabile secondo in classifica. Il Russian Public Opinion Research Center (VCIOM) ha pubblicato un sondaggio il 10 febbraio, in cui è risultato che se le elezioni si fossero tenute la domenica la stessa domenica, il 75% dei russi avrebbe votato per Vladimir Putin, il 5% per Davankov, il 4% per Kharitonov e un altro 4% per Slutskij. Il liberale si era in precedenza candidato alle elezioni per il sindaco di Mosca a settembre 2023, in cui è stato riconfermato per il terzo mandato consecutivo Sergej Sobjanin del partito di governo Russia Unita.
Seppur il suo partito non sia certo di opposizione, Davankov inserisce nel suo programma, che definisce di “sviluppo pacifico”, l’avvio dei negoziati con l’Ucraina. Sottolinea, comunque, che la pace si potrà raggiungere con le condizioni poste dalla Russia. Tra i vari punti, una delle priorità va all’aumento del 20% dei finanziamenti per l’istruzione e la sanità, andando a creare così nuovi posti di lavoro. Non di minor importanza è l’ottimizzazione dell’apparato statale, la quale includerebbe l’introduzione dell’intelligenza artificiale negli uffici pubblici. Il candidato liberale ha poi espresso solidarietà verso Boris Nadeždin. Davankov ha riferito a Kommersant di aver accolto con “grande rammarico” il rifiuto della candidatura del pacifista, dichiarando che tutti dovrebbero trasmettere la propria posizione in sede elettorale. Non esclude neanche una possibile collaborazione politica con quest’ultimo, posto che non si ritiene “d’accordo su tutto” quello che proponeva Nadeždin.
Alcuni esperti non ritengono però che questa alleanza porterebbe a Davankov tanti voti dai sostenitori di Nadeždin. Il possibile flusso di voti dipenderebbe da Nadeždin stesso, ovvero se chiamerà o meno i suoi elettori a sostenere l’alleanza, sostiene il politologo Ilya Graščenkov. Kommersant, a febbraio, ha riferito che il leader di Iniziativa Civica avrebbe già fatto appello a Davankov, proponendo una cooperazione nelle future elezioni per la Duma di Mosca in cambio del sostegno alle elezioni della Duma di Stato nel 2026.
Ultimo in lista è Leonid Slutskij, presidente del Comitato della Duma di Stato per gli affari internazionali e successore di Žirinovskij nel Partito Liberal Democratico di Russia (LPDR). Slutskij ha omaggiato il suo predecessore in campagna elettorale, inserendo in uno dei suoi cartelloni pubblicitari lo slogan “Дело Жириновского живет” (“Il caso Žirinovskij è ancora vivo”). Con questa dicitura, riferisce un rappresentante di LPDR, si consolida la lealtà dei sostenitori, oltre all’attivismo intorno al partito. Inoltre, riprende il vecchio slogan comunista “Дело Ленина живет” (“Il caso Lenin è ancora vivo”). La figura del candidato viene poi incentrata in un altro slogan “Слуцкий всегда рядом” (“Slutskij è sempre vicino”). Slutskij “risolve sempre le questioni e i problemi della gente comune […], è sempre pronto ad aiutare coloro che si trovano in difficoltà”, così il suo servizio stampa descrive la frase. Il candidato di destra ha necessariamente bisogno del collegamento, politico e umano, con Žirinovskij, poiché è ancora un politico poco conosciuto in Russia. Lo scorso dicembre, in vista della sua candidatura, ha specificato che “un voto per Slutskij non è assolutamente un voto contro Putin”, e già considera la vittoria dell’attuale presidente alle prossime elezioni. Nel 2018, Slutskij è stato anche al centro di uno scandalo sessuale verso giornaliste e deputate della Duma di Stato, per cui però non è mai stato imputato.
Esiste ancora l’opposizione in Russia?
Come abbiamo visto, i tre candidati alternativi a Putin sostengono apertamente l’attuale politica del Cremlino, o almeno non hanno posizioni di aperto contrasto con esso. Con il rifiuto della candidatura di Boris Nadeždin e di altri candidati anti-guerra sembra dunque che le prossime elezioni non presenteranno alcun ostacolo al quinto mandato di Vladimir Putin. Il 12 febbraio Nadeždin ha intentato due cause legali verso la Commissione elettorale presso la Corte Suprema, ma appena tre giorni dopo entrambe le richieste sono state respinte. Sulla controversia si è espressa Ella Pamfilova, presidente della CEC, dichiarando il suo disappunto. La stampa liberale orientata a Occidente “a favore dei diritti, della libertà, delle leggi, delle norme, ha una coscienza legale assolutamente cavernicola”, sostiene Pamfilova. L’opposizione russa, già da alcuni anni, è da cercare all’estero, e con la recente scomparsa dell’oppositore politico Aleksej Naval’nyj, le voci di spicco diminuiscono sempre più. Sulle incombenti elezioni si è espressa la vedova, Yulja Navalnaja. “Votate per chiunque tranne per [Putin], o cancellate la scheda andando al seggio a mezzogiorno del 17 marzo”, così si è appellata Navalnaja ai suoi concittadini.
All’interno della classe partitica russa, così come dei media, l’interesse sembra si stia già spostando verso le elezioni della Duma di Stato del 2026, nelle quali potrebbe emergere una delle forze politiche ora in corsa. Che si possa andare a creare una forza in contrasto con la corrente dottrina politica russa è però alquanto improbabile. I partiti, maggiori o minori che siano, vedono nel sostegno a Putin un trampolino di lancio per emergere – e soprattutto rimanere – sulla scena politica e guadagnare a loro volta consensi.
Isabella Hadley
[1] Il numero complessivo dell’elettorato nella Federazione Russa al 1° gennaio 2024 è di 112,3 milioni di cittadini.