Lo scorso 23 agosto è stata aperta in Cecenia la più grande moschea della Federazione Russa e d’Europa. Un edificio imponente, estremamente simbolico, la cui costruzione è stata iniziata nel 2012 e capace di ospitare complessivamente circa 100.000 fedeli. Lo sfarzo del progetto rappresenta la più classica ostentazione del potere: marmo bianco greco; lampadario centrale di 8m x 2.500 kg e altre 395 luci, tutte decorate con pietre Swarowski e oro; un parco con 12 fontane, 2000 alberi e un roseto. Il nome del luogo è Гордость мусульман, “l’orgoglio dei musulmani“, ma non è un caso che inizialmente avrebbe dovuto essere intitolata al presidente, Ramzan Kadyrov.
La Cecenia uscita dal mondo sovietico e sopravvissuta alle due guerre civili è divenuta gradualmente una repubblica patrimonialista, basata sul più o meno solido compromesso tra la necessità di stabilità e sicurezza anelata dal Cremlino e le garanzie di controllo e repressione assicurate dal leader di Groznyj, l’ex-paramilitare Ramzan Kadyrov, che ha così praticamente creato uno “Stato nello Stato“. In carica dal 2007, figlio dell’ex-presidente Akhmat ucciso in un attentato nel 2004, Kadyrov ha lentamente sviluppato una rete di legami ed interessi politici, economici e culturali che hanno completamente avvolto la piccola repubblica caucasica, stringendo a doppio filo anche i decision-makers di Mosca. Serbatoio sicuro di voti per Russia Unita [alle ultime parlamentari del 2016, il partito di Putin ha guadagnato le percentuali più alte di tutta la Federazione qui: 96,3%], la Cecenia rappresenta oggi per il Cremlino un modello “virtuoso” nella gestione del separatismo e della minaccia terroristica, ottenuta dalla sintesi di:
controllo politico – fattore religioso – ridimensionamento delle istanze separatiste
Tuttavia, gli spazi concessi all’autonomia di Kadyrov rischiano di rivelarsi un’arma a doppio taglio per Mosca.
La fede preponderante in Cecenia è l’Islam sunnita (95%), nelle sue declinazioni del misticismo Sufi, che essenzialmente rappresenta la religione di Stato, mentre correnti salafite si sono diffuse dalla metà del XX secolo, poco numerose ma estremamente attive e violente, come dimostrato durante le due guerre cecene (i leader dei separatisti Shamil Basaev e Dokka Umarov erano ferventi salafiti, così come moltissimi combattenti locali e stranieri). Il governo Kadyrov pone da sempre molta attenzione al fattore religioso, preferendo contrastare la radicalizzazione con la creazione di un forte fattore identitario, piuttosto che con una laicizzazione dello Stato. Nella sua funzione di collante sociale, la fede islamica costituisce infatti un ottimo strumento unificante per il popolo ceceno, che si riconosce largamente nel proprio peculiare credo.
Nel perseguire questo scopo, Kadyrov si è spesso posto in contrasto con la Costituzione della stessa Federazione russa, soprattutto in riferimento alle leggi contro il consumo di alcolici e il gioco d’azzardo, per introdurre la poligamia e per introdurre lo studio obbligatorio del Corano e della shari’a nelle scuole. Non da ultimo, anche il delitto d’onore è una pratica comunemente approvata e sostenuta dallo stesso Presidente, che anzi ne attribuisce le colpe a donne ed omosessuali. Proprio contro questi ultimi si è scatenata la schiacciante repressione denunciata nell’ultimo periodo, che non conosce ostacoli né a livello locale, né federale.
Kadyrov ha sempre respinto qualsiasi accusa in modo più o meno pittoresco, negando l’esistenza degli omosessuali in Cecenia o promuovendo la propria immagine e visione in eventi pubblici di dubbio gusto. Sostenendo formalmente la promulgazione di leggi che rispecchino l’identità musulmana del popolo ceceno e siano conformi alla Costituzione russa, resta evidente la pervasiva presenza della propaganda, la costante minaccia di sanzioni informali e formali, punizioni e arresti perseguiti spesso dalla guardia personale del Presidente, i cosiddetti Kadyrovitsy, nonché la reintroduzione di rigide norme di abbigliamento e di condotta, che contribuiscono a relegare la già piccola minoranza russo-cristiana, sempre più insicura e proiettata all’emigrazione.
Un altro esempio eclatante della centralità della fede musulmana in Cecenia risale al gennaio 2015, pochi giorni dopo la sparatoria nella sede di Charlie Hebdo a Parigi. Nella capitale Groznyj ebbe luogo una marcia contro la pubblicazione delle caricature del profeta Maometto, a cui presero parte almeno 400.000 persone (1 milione secondo il Ministero degli Interni ceceno). Tale manifestazione ci dà anche la percezione della portata degli echi internazionali nella piccola repubblica incastonata nel Caucaso russo, che a sua volta cerca, sempre tramite il fattore religioso, di inserirsi nelle relazioni estere della regione caucasica-mediorientale, spesso coadiuvando la presenza russa all’estero e seguendo fedelmente i dettami del Cremlino.
Fuori dai confini federali, infatti, Kadyrov si è sempre prontamente attivato per garantire supporto incondizionato a Mosca, soprattutto nello scenario mediorientale, tanto a livello materiale quanto propagandistico, facendo sempre leva sulla comune appartenenza religiosa all’Islam. In Siria, ad esempio, Putin ha potuto contare sull’azione dell’associazione Akhmat Kadyrov, il cui sostegno umanitario ha consentito la distribuzione di cibo e aiuti nelle aree governate da Damasco; inoltre, uomini e militari ceceni hanno operato come servizio di polizia ad Aleppo dopo la sua riconquista e nella ricostruzione della grande moschea ommayade nella medesima città. Una collaborazione win-win: il Cremlino ha potuto rafforzare la propria presenza sul territorio siriano, mentre Kadyrov consolida e promuove la propria immagine in seno alla umma e quella della Cecenia, dipinta fuori da ogni retaggio estremista.
La personalità prorompente del leader ceceno, tuttavia, comprende dichiarazioni spesso tutt’altro che diplomatiche, seppur in linea con l’approccio di Mosca, ma talvolta fonte di imbarazzo per questa, che riesce malamente a controllare l’irruenza del politico di Groznyj. Da ricordare, ad esempio, che in occasione dell’abbattimento dei caccia russi Su-24M ad opera di due F-16 turchi nei pressi del confine turco-siriano [24 novembre 2015], fu proprio Kadyrov tra le voci più vigorose a scagliarsi contro Ankara, affermando più volte:
“la Turchia dovrà scusarsi a lungo per l’abbattimento del Su-24” – RIA Novosti, 24 novembre 2015
oppure
“la Turchia non combatte l’ISIS! Conduce con loro affari, compra il petrolio, finanzia i nemici dell’Islam che uccidono migliaia di musulmani […] La Turchia ha abbattuto il Su-24 per ordine degli USA” – Komsomol’skaja Pravda, 28 novembre 2015
sapientemente affiancate da una forte retorica patriottica ed unitaria:
“Ci sono quasi 30 milioni musulmani in Russia. Questa è la nostra patria! L’aereo, colpito dalla Turchia, è nostro! Il pilota è dei nostri!” – Komsomol’skaja Pravda, 28 novembre 2015
e altre dichiarazioni in salsa antiterroristica:
“Nel 1999, quando la nostra Repubblica fu conquistata da questi diavoli [i terroristi, nda], giurammo che per tutte le nostre vite avremmo combattuto contro di loro, ovunque si trovassero” – SANA, 2 ottobre 2015
Conclusioni
A livello nazionale, dunque, quello tra Mosca e la Cecenia appare come un sodalizio apparentemente forte, inossidabile, in cui però, in nome della stabilità, diventa sempre più difficile comprendere chi è sottoposto a chi…. Così come non si capisce dove finisca Kadyrov ed inizi la Repubblica autonoma (data la capillarità dei suoi legami), o come il potenziale di controllo e ricatto di Groznyj evolverà ancora nel futuro, soprattutto in un post-Putin sempre più incombente e incognito[1].
L’influenza ed il potere accumulato da Kadyrov, come visto, tende a sviluppare anche una propria proiezione internazionale, a fianco del Cremlino, ma con un forte interesse personale per il potenziale ritorno d’immagine nella comunità musulmana. Oltre al supporto visto in terra siriana, la grandiosa cerimonia della moschea descritta in apertura ha visto la presenza di una platea internazionale di prim’ordine nella sfera dell’Islam sunnita globale, come il Ministro degli affari islamici saudita Sheikh Abdullatif Al Sheikh, il presidente dell’International Islamic Charitable Organisation, Amiri Diwan, e il Segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, Yousef Al Othaimeen.
Il ruolo svolto dalla fede nella Cecenia di Kadyrov è, dunque, fondamentale su vari livelli: identitario e culturale; locale e globale; politico e diplomatico. Strumento attivo e, spesso, passivo al servizio degli interessi di Groznyj, l’Islam nel Caucaso si conferma una chiave di volta nell’analisi delle dinamiche e dei rapporti di forza di una regione, le cui fragilità ed instabilità non si possono mai dire sopite.