Il gasdotto Trans Balkan
Il gasdotto Trans Balkan collega la Russia al confine con la Turchia passando attraverso Ucraina, Repubblica Moldava, Romania e Bulgaria portando il gas in modo unidirezionale da nord a sud con una capacità totale di 26,8 bcm/anno.
Con i contratti di transito attraverso l’Ucraina in scadenza a fine 2019, Gazprom ha pianificato di ridurre il flusso di gas lungo questa direttrice per deviare i volumi trasportati attraverso la prima linea del TurkStream, quella dedicata esclusivamente al mercato interno turco. In questo modo i Paesi interessati dal percorso vedrebbero ridotte le proprie importazioni, prima fra tutte la Bulgaria che riceve oggi 3bcm interamente da nord attraverso l’Ucraina. La riduzione del volume del Trans Balkan ha aperto a nuovi scenari.
I governi interessati dal percorso della Trans Balkan pipeline, a fronte di investimenti relativamente contenuti, potrebbero eseguire un upgrade delle strutture aumentando la pressione e aprendo alla possibilità di reverse flow, ossia poter fare scorrere il gas in entrambe le direzioni e solamente lungo la direttrice nord-sud. In conformità con le regole del terzo pacchetto energia, gli operatori nazionali potrebbero dunque stipulare contratti di fornitura che aprirebbero il mercato ad attori esterni.
Tale scenario risulta fondamentale in quanto aprirebbe alla possibilità per Turchia e Grecia di utilizzare i propri terminali di importazione LNG (gas naturale liquefatto) per acquistare gas nei mercati internazionali e distribuirlo lungo le infrastrutture esistenti verso nord e verso i Balcani. In questo scenario il ruolo emergente degli Stati Uniti in quanto esportatori di LNG, unito al crescente consumo di gas dei Paesi dell’area, permetterebbe oltre alla diversificazione delle forniture di gas anche un’alternativa al piano di Gazprom e del SGC di rifornire l’area dell’Europa sud orientale e dei Balcani.
L’alternativa di Gazprom: il Turk Stream per aggirare lo stallo ucraino
Il progetto TurkStream nasce dalle ceneri del suo predecessore, il South Stream. Dopo il blocco in extremis del progetto da parte del governo bulgaro, Gazprom vuole aggirare l’Europa dal fianco sud e arrivare a penetrare nei Balcani. Grazie anche al sostegno dei governi serbo e bulgaro, di nuovo, il progetto punta a competere con il Southern Gas Corridor e distribuire il gas russo nel mercato europeo, confermando dunque il ruolo di Gazprom quale attore fondamentale dello scenario energetico del continente.
La strategicità del TurkStream risiede innanzitutto nella tempistica della sua realizzazione. Concepito come principale vettore alternativo alla rotta ucraina, il progetto iniziale prevedeva la realizzazione di quattro linee parallele attraverso il Mar Nero dalla capacità di 15,75bcm l’una per connettere la Russia e la Turchia. I contratti siglati nel 2016 e nel 2017 prevedono la realizzazione di due linee dalla stessa portata – 15,75 bcm – allo scopo di rifornire il mercato turco e quello europeo. Il punto di arrivo in Turchia per passare successivamente in Europa permette dunque di realizzare un progetto meno complesso del precedente South Stream, fallito per l’opposizione delle autorità europee intervenute sulle regolamentazioni del mercato interno del gas.
Inoltre, mentre la prima linea è pensata per rifornire la Turchia mentre il tracciato Trans Balkan verrà progressivamente ridotto per la questione del transito ucraino, la capacità della seconda linea sarà interamente dedicata al mercato europeo. Nel 2018 Gazprom ha reso chiari i propri intenti: proseguire il tracciato della seconda linea del TurkStream e farlo passare attraverso i Balcani passando per Bulgaria, Serbia, Ungheria e Slovacchia. Il gas arriverà in Bulgaria e Serbia dal 2020, in Ungheria dal 2021 e il Slovacchia a metà del 2022. Un piano lineare che vede governo russo, per mezzo del suo ministro degli esteri Sergej Lavrov, Gazprom e i governi dei Paesi interessati parlare con una voce sola.
Il tratto bulgaro sarà realizzato da un consorzio guidato dall’azienda saudita Arkad e prevede un tracciato di 474 km in territorio bulgaro che connetterà il confine meridionale con la Turchia alla Serbia. L’annuncio ufficiale di inizio dei lavori è arrivato a novembre con il premier Borisov che ha sottolineato la strategicità dell’opera che, una volta realizzata, resterà di proprietà del governo (tramite la società statale Bulgartrans) permettendo così anche di riscuotere le tariffe dei volumi di gas in transito – nell’ordine dei 180 milioni di dollari all’anno.
Gli ostacoli normativi e le nuove opportunità
Mentre a livello tecnico la prosecuzione della seconda tratta del TurkStream in territorio europeo non rappresenta una grossa difficoltà, la sfida risiede a livello normativo. L’Unione Europea spinge per l’applicazione delle regole del terzo pacchetto energia da parte degli operatori nazionali dei governi coinvolti nella realizzazione del TurkStream al fine di evitare, ancora una volta, la penetrazione dell’influenza russa attraverso le forniture di gas.
Uno scenario dunque complesso che vede i Paesi balcanici, assieme a Turchia e Grecia, al centro di progetti internazionali dei principali attori del mercato del gas internazionale. Oltre agli interessi della Russia, in ridefinizione a fronte della realizzazione di due nuove rotte verso l’UE – Nord Stream 2 e TurkStream – anche gli Stati Uniti giocheranno un ruolo importante grazie alla possibilità di esportare via mare l’LNG. Nel mentre i Paesi dell’area cercano di trarre il massimo beneficio dalle rotte del gas, aprendo nuove opportunità in termini di sicurezza energetica e decarbonizzazione.