Il presidente francese ha rievocato, nell’intervista all’Economist del 7 novembre scorso, la “morte cerebrale della Nato“, e la sua strategia nei confronti della Russia. Per Macron, l’influenza dell’Europa nel mondo dipende dalla sua capacità di mediare tra i due “gorilla” delle relazioni internazionali: gli Stati Uniti e la Cina. Per far questo l’Unione Europea dovrebbe ricostruire le sue relazioni con la Russia. Un processo delicato, per il quale ci vorranno decenni. La strategia del presidente Macron sembra avere un duplice scopo: da una parte, affermare un’indipendenza politico-militare dell’UE (meglio se a trazione francese) dall’alleato statunitense; dall’altra, realizzare gradualmente un contenimento della Cina. In questo Macron si inserisce nel tradizionale solco della politica della grandeur francese, ispirata a de Gaulle e a Mitterrand.
La Russia sembra rivestire un ruolo centrale nel raggiungimento di questi obiettivi. Innanzitutto, cambiando approccio con Mosca, l’UE può guadagnare credibilità sulla scena internazionale come attore indipendente rispetto agli Stati Uniti. Per contenere l’influenza cinese in Europa, un primo passo sarebbe tenere la Russia saldamente nel continente. In quest’operazione naturalmente per Macron la Francia è protagonista, il mediatore delle crisi più scottanti e lo Stato leader dell’UE.
La sua presidenza, iniziata nel maggio 2017, si è subito caratterizzata in politica estera per questo programma. Quindici giorni dopo aver assunto la carica, Macron ha invitato Putin a Versailles cogliendo l’occasione dell’inaugurazione di un’esposizione sullo zar Pietro il Grande in Francia. Quale palcoscenico migliore per ricordare i rapporti franco-russi e quel glorioso passato imperiale della Russia, quando zar e zarine vedevano nella Francia la massima espressione della civiltà?
La Russia è da sempre dunque parte integrante dell’Europa, della cultura europea e dell’illuminismo liberale che ha contribuito a sviluppare, come affermato in più occasioni da Macron. Questo richiamo al passato, costante nella retorica macroniana verso Mosca, deve rammentare a tutti (russi compresi) che il posto della Russia è stato e sarà sempre l’Europa. E non l’Asia. Macron punta sulla traiettoria di lungo periodo. Parte da un passato remoto – molto caro ai russi – per suggerire che incomprensioni e attriti sono solo passeggeri.
È necessario però rafforzare i legami economici, commerciali e culturali tra Francia e Russia – come d’altra parte ha già fatto la Germania, ricorda (forse con una punta d’invidia) Macron. In questo senso durante la visita di Putin a Versailles è stato lanciato un programma chiamato “Forum di Trianon“, che da tre anni ormai organizza molti eventi e incontri tra la società civile francese e quella russa.
Secondo il presidente francese, il dialogo è uno degli strumenti principali per provare a sbloccare alcuni dei dossier più delicati, primo fra tutti quello ucraino. Con questo spirito, dopo l’incontro del 19 agosto 2019 al forte di Brégançon, i due capi di Stato hanno deciso di riattivare il formato “2+2”, ovvero gli incontri bilaterali tra i ministri degli Esteri e ministri della Difesa, nati negli anni Novanta e sospesi nel 2014. Il primo incontro ha avuto luogo il 9 settembre scorso, ma senza esiti rilevanti.
Maggiori contatti dovrebbero servire a ricostruire un rapporto basato sulla fiducia, che passa innanzitutto dalla comprensione reciproca, ma non può prescindere da azioni concrete. È stato molto apprezzato, infatti, dai russi il sostegno mostrato dalla Francia (insieme a Germania e Italia) verso la riammissione di Mosca nel Consiglio d’Europa. Il 26 giugno scorso il Parlamento di tale organismo ha infatti ripristinato il diritto di voto della Federazione, sospeso all’indomani dell’annessione della Crimea nel 2014. Sebbene possa sembrare un evento secondario, in realtà rappresenta il primo ritiro di una sanzione contro la Russia e dunque una prima vittoria della diplomazia russa, che dal 2014 è stata isolata in vari fori internazionali.
Il presidente francese non nasconde che il dossier ucraino rimane quello più problematico nelle relazioni tra Ue e Russia. Ciononostante, grazie forse all’elezione del nuovo presidente ucraino, Volodymyr Zelenskij, quest’autunno si sono registrati passi avanti nella distensione dei rapporti fra Russia e Ucraina. Il 7 settembre vi è stato un importante scambio di prigionieri e il 26 novembre la Russia ha restituito all’Ucraina le tre navi sequestrate nel mar d’Azov nel novembre del 2018.
La Francia vorrebbe assumere il ruolo di mediatore in dossier caldi, come l’Ucraina, la Siria, l’Iran e il controllo degli armamenti, nei quali la Russia è un attore imprescindibile. La questione ucraina sembrava essersi finalmente sbloccata quando il 1° ottobre scorso era stato annunciato che l’Ucraina aveva accettato la cosiddetta “formula Steinmeier“. Questa includeva tra le altre cose la garanzia di uno status speciale per il Donbass. Sembra che la Francia abbia sostenuto fortemente questa decisione, assunta nell’ambito del Gruppo di contatto trilaterale a Minsk. Inoltre si sarebbe dovuto tenere a Parigi ad ottobre un nuovo incontro del “formato Normandia” – Ucraina, Russia, Germania e Francia. L’incontro però non ha mai avuto luogo.
Per ora, sebbene Macron tenti di presentarsi come interlocutore politico della Russia, vi sono limiti, sia esterni che interni, alla sua azione. Per quanto riguarda la situazione siriana, permane tra Francia e Russia un disaccordo di fondo rispetto al futuro assetto istituzionale del Paese. Al contrario, sull‘Iran le intenzioni francesi incontrano l’opposizione degli Stati Uniti. Con la Russia vi sarebbe invece una sostanziale convergenza degli interessi: entrambi vorrebbero che si rispettasse l’accordo sul nucleare del 2015, denunciato da Trump nel maggio 2018. Allo stesso modo, sebbene Macron abbia dichiarato di voler discutere con la Russia di sicurezza e di controllo degli armamenti, non sembrano esserci le condizioni per aprire negoziati, vista la posizione degli Stati Uniti. Nel 2018 gli Stati Uniti hanno, infatti, denunciato unilateralmente il Trattato INF (Intermediate-range Nuclear Forces) del 1987 e, quando nel 2021 scadrà il Trattato New START sulla riduzione delle armi nucleari del 2010, non è facile prevedere se sarà rinnovato.
La strategia di Macron incontrerebbe degli ostacoli anche all’interno delle strutture burocratiche. Nel discorso annuale al corpo diplomatico francese tenutosi il 27 agosto scorso, il presidente ha fatto cenno all’esistenza di uno “Stato profondo” nell’amministrazione che non condivide, e anzi ostacola, il suo progetto di “architettura basata sulla fiducia”. Secondo alcuni commentatori, Macron avrebbe fatto riferimento a gruppi ‘atlantisti’ che non vedrebbero di buon occhio un riavvicinamento alla Russia.
Un terreno sul quale gli interessi francesi e russi entrano invece direttamente in competizione è l’Africa, e più precisamente la Repubblica Centrafricana. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, i russi si erano ritirati completamente (o quasi) dal continente. Diversamente la Francia non ha mai cancellato i legami con le sue ex colonie. Il vertice Russia-Africa, tenutosi tra il 23 e il 24 ottobre scorso a Sochi per rilanciare una nuova cooperazione multisettoriale, registra un rinnovato interesse russo per il continente africano. Ha suscitato molte preoccupazioni a Parigi l’accordo firmato da Bangui con una società privata russa per la formazione delle forze dell’ordine centrafricane.
Infine, la congiuntura politica potrebbe favorire il progetto di Macron. L’espansione dell’influenza cinese, l’atteggiamento incostante di Trump nei confronti dell’Europa, la timidezza della Germania nel prendere la leadership europea rendono più probabile il ruolo della Francia come interlocutore della Russia. A ben guardare, tuttavia, più che di un vero e proprio riavvicinamento si tratta solo di un’apertura dei canali di dialogo.
Miriam Peluffo