In Bielorussia ci sono più di 13001 prigionieri politici, vittime del regime autoritario di Lukashenka. Le pressioni occidentali, tra istituzioni europee e ONG, mirano al rilascio di tutti gli attivisti, ma il regime di Minsk potrebbe sfruttarle in modo strumentale.
Un’oppositrice in prigione.
Maria Kolesnikova è un volto noto a Minsk. Flautista e direttrice d’orchestra bielorussa, dal 2020 è in rotta di collisione con il Presidente Alyaksandr Lukashenka; schieratasi a sostegno delle campagne di opposizione di Viktar Babaryka prima e di Sviatlana Tsikhanouskaya poi. In seguito all’arresto di Babaryka nel giugno dell’anno delle elezioni presidenziali, si unisce al Consiglio di coordinamento di Tsikhanouskaya – rifugiatasi in Lituania dopo l’esito delle elezioni-farsa dell’agosto 2020 che hanno visto Lukashenka riconfermato per il sesto mandato consecutivo. Nel settembre dello stesso anno subisce un tentativo di deportazione verso l’Ucraina, a cui reagisce fuggendo in una zona neutra vicino al confine e strappando il proprio passaporto. Rientrata in Bielorussia, viene incarcerata e condannata l’anno successivo ad undici anni di colonia penale con numerose accuse, tra cui il tentato rovesciamento del potere statale. L’Unione Europea ha condannato duramente il trattamento imposto a Kolesnikova, assegnandole il Premio Sakharov del Parlamento Europeo per la libertà di pensiero nel 2020.
D’altra parte, il Ministero degli affari interni bielorusso si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni sulla vicenda, in un clima da regime coronato dalle dichiarazioni stesse di Lukashenka: “in Bielorussia non ci sono prigionieri politici”2. I numeri, però, parlano chiaro: il Centro per i Diritti Umani Viasna stima che ci siano attualmente circa 1300 detenuti dissidenti nel Paese, tra cui Ales Bialiatski, fondatore di Viasna e Premio Nobel per la Pace 2022, e Sjarhej Tsikhanouskij, attivista e marito di Sviatlana. In un articolo dell’Associated Press del 14 ottobre 20243, il padre e la sorella di Kolesnikova hanno sollevato l’allarme sulle condizioni psico-fisiche della musicista, denunciando l’impossibilità di avere contatti con lei da più di anno. La sorella, Tatsiana, ha lanciato un appello su Amnesty International4.
Pacchetto di scambio: un prigioniero per un favore.
Sembra però soffiare un’aria di cambiamento dalle parti di Minsk: dall’inizio di luglio scorso ad oggi, Lukashenko ha firmato per la liberazione di 115 prigionieri politici, di cui 37 solo il mese scorso. Non si tratta certo di un improvviso afflato democratico del Presidente, quanto di una mossa politica strategica: le scarcerazioni sono state giustificate dalla presenza di detenuti ritenuti infermi mentalmente, fisicamente o ufficialmente “pentiti”, in un tentativo di ribadire l’assenza di dissenso politico tra i bielorussi. Il vero obiettivo, duplice, potrebbe essere un altro: cercare di allentare la dura morsa delle sanzioni europee e recuperare una certa autonomia dal gigante vicino di casa, la Russia. È nota la storica e forte amicizia tra i due Paesi, con il complesso rapporto tra Lukashenka ed il Presidente russo Vladimir Putin, e l’aiuto che questi gli ha fornito nel 2020 per sedare lo tsunami di proteste seguite alle elezioni presidenziali. Alexander Friedman, storico e analista bielorusso, sostiene che:
Minsk sta facendo ritorno alla contrattazione con l’Occidente per cercare di ammorbidire le sanzioni e raggiungere un almeno parziale riconoscimento dei risultati delle prossime elezioni: il regime di Lukashenko è interessato a non diventare parte integrante della Russia, di conseguenza sta cercando un minimo di comunicazione con l’Occidente, a partire dall’affrontare la questione dei prigionieri politici.
Alexander Friedman, Associated Press, 14 ottobre 2024
In questa tesi si estrinseca un problema fondamentale che attanaglia la Bielorussia e obiettivo strategico del suo Presidente: liberarsi delle sanzioni europee. Sanzioni che vengono adottate dal Consiglio dell’Unione Europea con l’obiettivo di influenzare condotte o politiche di attori statali e non, ritenute lesive dei valori portanti dell’Unione: salvaguardarne gli interessi fondamentali, sostenere la democrazia e preservare la pace. In poche parole, la sanzione è lo strumento con cui si colpisce chi non aderisce a questi valori, cercando così di indurre un cambiamento nell’azione politica. Dal 2020, in seguito alle elezioni, numerose sanzioni sono state adottate nei confronti della Bielorussia: tra le altre, isolamento finanziario con accessi ristretti ai circuiti di pagamento internazionali, embarghi e limiti all’accesso dello spazio aereo internazionale. Questo in conseguenza alle sistematiche violazioni dei diritti umani nel Paese, che conta denunce di tortura e di repressione del dissenso, e a partire dal 2022, a causa del forte sostegno all’invasione russa in Ucraina. Tali misure hanno messo in luce una già evidente instabilità economica del Paese, fortemente dipendente dall’export in molti dei suoi settori di produzione, in particolare in quello industriale. L’esclusione del Paese dal circuito SWIFT ha tagliato i ponti alle transazioni internazionali, ed i costi dei prodotti di importazione sono naturalmente aumentati.
Un futuro tra voti e sanzioni.
Il già fragile equilibrio politico-economico del Paese rischia di essere nuovamente messo in discussione: per il 2025 sono previste le elezioni presidenziali, che più di quattro anni fa hanno portato migliaia e migliaia di persone a ribellarsi nelle piazze contro un presidente al potere ininterrottamente dal 1994. Lukashenka potrebbe aver bisogno di tutto l’aiuto possibile per reggere ad un’altra onda d’urto come quella che lo ha travolto nel 2020, ma le sanzioni europee e la massiccia dissidenza, esiliata o incarcerata, evidenziano quanto il Presidente stringa tra le mani le redini di un Paese che è sempre meno propenso ad essere domato: per questo motivo, la sua apparente apertura nei confronti dell’Occidente, con la liberazione dei prigionieri, potrebbe essere un preludio ad una distensione dei rapporti con i Paesi dell’Unione. Distensione e conseguente supporto alle elezioni, che però difficilmente avverrà, a fronte delle condizioni politiche in cui il Paese versa ancora oggi: per quanto preziosa, la liberazione di alcuni prigionieri politici non è che un granello, nell’instabile castello di sabbia in cui il Presidente ha trasformato la Bielorussia.
Di Beatrice Scavino
- https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C_202407212 ↩︎
https://eng.belta.by/president/view/lukashenko-no-political-prisoners-in-belarus-137446-2021/ ↩︎
https://apnews.com/article/lukashenko-belarus-crackdown-viasna-4c81e46b1ebba8924306c541fb7170db ↩︎
https://www.amnesty.it/appelli/firma-per-maryia/ ↩︎