Sin dal 1963, anno della sua fondazione, la Conferenza di Monaco ha rappresentato un fondamentale teatro di confronto tra i principali attori internazionali, che a febbraio di ogni anno si riuniscono per dibattere sulle politiche di sicurezza internazionale e per tentare di tracciare un disegno comune. La Conferenza sulla Sicurezza del 2020 ha visto protagonisti 21 capi di Stato, più di 80 ministri degli Esteri e della Difesa e molti esperti di sicurezza, e si è distinta per una divergenza di fondo sulle sfide attuali e future.
L’evento ha evidenziato non solo le grandi differenze tra Stati Uniti e Unione Europea in tema di strategie geopolitiche e geoeconomiche, ma anche la nascita di uno scacchiere internazionale in cui l’Unione Europea risulta sempre più schiacciata nella sfida multipolare tra Usa, Russia e Cina.
Dalla conferenza, inoltre, si è capita una cosa: nell’attuale periodo storico il multilateralismo, come metodo di conduzione delle relazioni internazionali, è divenuto impopolare.
Le ragioni sono molteplici. Alcune legate a sviluppi politici interni a molti Paesi, grandi, medi o piccoli che siano, ove si sono affermate tendenze nazionaliste o sovraniste, insofferenti ai condizionamenti e ai compromessi che il multilateralismo impone. Altre, invece, hanno a che fare con gli assetti mondiali. Il mondo contemporaneo è più multipolare del passato, caratterizzato da contrasti di natura strategica, economica e di valori.
Uno dei maggiori terreni di scontro sorge dalla possibilità che una “sanguinosa” guerra commerciale possa aprirsi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Il presidente Trump ha infatti minacciato l’imposizione di dazi del 25% sulle auto europee, dopo aver ricevuto un report del Dipartimento al Commercio Usa secondo il quale “le auto importate negli Stati Uniti dall’UE costituiscono una minaccia per la sicurezza nazionale”. Dinnanzi alla conferma di questa eventualità da parte di Mike Pence (Vicepresidente degli Stati Uniti), immediata è stata la replica della Cancelliera Merkel che nel corso della Conferenza ha definito “scioccante” l’accusa degli USA.
Dopo aver espresso una rigida critica al rinnovato protezionismo americano, la Kanzlerin ha voluto difendere e sottolineare fermamente il ruolo odierno del multilateralismo, definendolo come l’unico strumento in grado di dare una risposta alle attuali sfide globali. Stando alla visione strategica di Angela Merkel (e più in generale dell’UE), il multilateralismo non può prescindere dalla difesa della NATO, definita non solo come alleanza militare ma come “alleanza di valori”. Un’evidente risposta allo scetticismo che Trump nutre sull’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico, tanto da arrivare a minacciarne lo smantellamento se gli alleati non arrivassero ad un raddoppiamento delle spese militari.
Ma è sul disarmo nucleare, sull’Iran e sulla Siria che le spaccature si fanno più profonde. La recente uscita degli Usa e della Russia dal Trattato sui missili di medio raggio Inf ha sorpreso l’intera Unione Europea, che, se in un primo momento si apprestava a proporre un’estensione dell’accordo alla Cina, ora si ritrova smarrita, sempre più impotente di fronte alle logiche conflittuali che legano grandi potenze come Usa e Russia. Come ha sostenuto lo stesso vicepresidente Mike Pence, la scelta dell’amministrazione americana è la naturale conseguenza di pesanti e ripetute violazioni del Trattato da parte di Mosca. Tali azioni non possono che contribuire ad incrementare le tensioni internazionali, aggravando di fatto la crisi del multilateralismo, in uno scenario già di per sé messo in crisi dalle divergenze tra le maggiori potenze e dalla mancanza di soluzioni collettive riguardanti l’Iran e la Siria.
Quel che è certo è che dalla Conferenza di Monaco si è compresa la profonda spaccatura presente nell’attuale scenario internazionale. Uno scenario sempre più frammentato e diviso, in cui Stati Uniti e Unione Europea non condividono più strategie e visioni comuni su temi decisivi, e in cui il multilateralismo sembra volgere sempre più verso un declino inaspettato fino a qualche anno fa.
Sarebbe un errore pensare che la fine della presidenza Trump possa equivalere alla rinascita del multilateralismo. Il punto è che molti dei fattori all’origine della crisi odierna risalgono a prima di Trump e continueranno a esistere anche dopo la fine della sua presidenza. Il multilateralismo vacilla nel preciso istante in cui l’ordine internazionale diventa più multipolare. La domanda che dovremmo porci, pertanto, è se multilateralismo e multipolarità siano compatibili.
Si potrebbe pensare che, in un sistema internazionale dove il potere è distribuito in modo più ampio che in passato, la necessità di raggiungere un consenso attraverso i negoziati e il dialogo sia proporzionalmente maggiore. Ma mentre ciò potrebbe essere vero sul piano normativo, fatti recenti dimostrano che il mondo sta andando in un’altra direzione.
Sarebbe un errore pensare che la fine della presidenza Trump possa equivalere alla rinascita del multilateralismo.
Cupcake Ipsum, 2015
La Russia, ad esempio, usando il proprio potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, continua a frapporre ostacoli a una risoluzione multilaterale della guerra in Siria. Il presidente russo Vladimir Putin non sembra affatto interessato ad affrontare questa crisi su tale piano, avendo scelto di portare avanti un processo di pace insieme all’Iran e alla Turchia con l’obiettivo di indebolire l’influenza americana in Medio Oriente.
Riguardo il multilateralismo in Russia, il presidente Putin, sin dal suo primo mandato, ha concentrato la sua attenzione sulla vendita di petrolio e gas ad altri paesi, andando così a definire sempre di più la presenza russa all’interno delle istituzioni multilaterali. Il suo obiettivo primario è stato chiaro sin da subito: ridisegnare un nuovo ordine geopolitico per contrastare l’espansione della NATO soprattutto nei territori dell’ex Unione Sovietica. Non a caso, durante la Conferenza annuale sulla sicurezza di Monaco del 2017, il ministro degli Affari Esteri Sergej Lavrov ha dichiarato che la NATO “è rimasta un’istituzione della Guerra Fredda”. Il capo della diplomazia di Mosca ha continuato affermando di ritenere necessario lo sviluppo di un nuovo contesto internazionale, “un ordine mondiale successivo a quello guidato dall’Occidente” dove ogni Stato cercherà di trovare un bilanciamento tra i propri interessi e quelli altrui.
La volontà russa di promuovere un multilateralismo alla pari con gli Stati Uniti ha, quindi, portato Mosca a preferire quadri internazionali che favoriscano gli interessi e i fini russi, o perlomeno riconoscano l’uguaglianza tra gli Stati membri.
Eppure, l’attuale crisi del multilateralismo non andrebbe scambiata per l’agonia che precede la sua fine. La maggior parte delle principali potenze mondiali, in realtà, continua a sostenerlo, tra queste anche la Russia. Si può affermare che la Russia non rinuncerà al multilateralismo nella sua politica estera, o meglio, tenderà ad agire unilateralmente o sulla base di un’azione bilaterale e/o multilaterale laddove riterrà che quest’ultima possa essere utile ai suoi interessi. Pertanto, qualora il governo russo si rendesse conto che i meccanismi multilaterali non servano i suoi interessi, allora la partecipazione russa a tali processi multilaterali non sarà più garantita. Al contrario, se le strutture multilaterali aiuteranno la Russia ad assicurare i suoi interessi, sia attraverso regole comuni universalmente accettate che attraverso forum di dialogo, allora Mosca sarà pronta a partecipare.
L’attuale crisi del multilateralismo riflette una sovrapposizione fra la rivalità Usa-Russia del ventesimo secolo, e la rivalità Usa-Cina del ventunesimo secolo.Dal momento che le parti coinvolte in questi conflitti sono perlopiù impegnate a mantenere o modificare appena lo status quo, non vi è ragione di pensare che vogliano perseguire il multilateralismo nell’immediato futuro. Ma non c’è neanche motivo di credere che il multilateralismo non potrà rinascere una volta che tali conflitti si saranno risolti.
Francesco Alimena