Il documento approvato dal governo conferma l’ambizione di Mosca di giocare un ruolo centrale nei mercati energetici mondiali grazie alle proprie riserve di gas. L’Asia scalzerà l’Europa come destinazione principale dell’export di prodotti energetici, ma restano il ruolo marginale delle rinnovabili e i limiti strutturali del sistema energetico russo.
Il 10 giugno scorso il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha approvato la Strategia Energetica russa al 2035 (SE-2035). Il documento ha visto una gestazione piuttosto lunga, considerando che la prima versione era stata sottoposta dal Ministero dell’Energia russo al governo nel 2014, per poi essere rinviata e aggiornata fino al 2019.
Il regime di sanzioni imposto alla Russia a partire dal 2015 ha comportato una trasformazione del settore energetico nazionale, che si è adattato sviluppando al proprio interno le tecnologie e le capacità necessarie al proprio sviluppo. Ciò ha comportato, tra le altre cose, un ruolo maggiore dello Stato e degli attori ad esso collegati nel definire gli obiettivi di sviluppo – orientati a target di breve periodo – a scapito dell’apertura e dell’attrattività degli investimenti interni. Solo nel 2019 si è potuto riprendere un esercizio di costruzione di lungo periodo, culminato nella SE-2035 approvata quest’anno.
Gli obiettivi principali e i target per le singole fonti energetiche
La SE-2035 delinea quelle che sono le principali direttrici dello sviluppo dell’intero settore e delle singole fonti energetiche, indicando tra gli obiettivi principali l’espansione del mercato interno e un maggiore ruolo per l’export.
I cinque obiettivi chiave della SE-2035 sono:
- il consolidamento della posizione della Russia nei mercati energetici globali;
- la diversificazione delle esportazioni verso i mercatici asiatici;
- lo sviluppo del mercato interno;
- la riduzione dell’intensità energetica e delle emissioni;
- lo sviluppo del settore delle rinnovabili.
Le tematiche sono in linea con la strategia storica del Paese e aggiornate secondo le ultime tendenze emerse nella comunità internazionale (riduzione delle emissioni e maggiore ruolo delle rinnovabili nel mix energetico).
Per quanto riguarda invece le proiezioni sulle singole fonti energetiche, la strategia prevede un mix energetico al 2035 composto dal 46/47% di gas naturale, dal 31% dal greggio (rispetto al 39% del 2018), per il 14%-16% dal carbone e da una quota stabile per le fonti non fossili– per la maggior parte nucleare – pari all’8%. L’export si conferma uno dei pilastri della SE-2035: a fronte di un aumento delle fonti energetiche primarie del 21,1% al 2035 (rispetto al 2018), la Russia punta ad aumentare l’export di energia fino al 32,4% nel 2035.
Il gas naturale e LNG come pilastri della Strategia Energetica
Negli scenari delineati dalla SE-2035 cresce la centralità del gas naturale. L’export via pipeline è previsto crescere del 144,8% al 2035, mentre l’LNG crescerà del 472,1%, portandosi da 26,9 bcm esportati nel 2018 a 127 bcm nel 2035. Gazprom e Novatek vengono indicati dunque come i due soggetti principali responsabili per il raggiungimento degli obiettivi di esportazione del gas della strategia energetica russa. Gazprom attraverso i gasdotti, Novatek con l‘LNG.Il gasdotto Power of Siberia, assieme alle piattaforme Yamal per l’esportazione di LNG, saranno gli asset che permetteranno alla Russia di occupare una posizione sempre più rilevante nel mercato asiatico del gas.
La Russia punta a incrementare ulteriormente lo sfruttamento dei giacimenti di gas di Khancheyskoye e di Kovykta, da cui il gas estratto sarà diretto in Cina via pipeline, mentre il giacimento di Sakhalin potrà essere dedicato all’estrazione di gas per l’esportazione di LNG. Il centro di produzione del LNG russo sarà localizzato nella regione artica, come ha sottolineato il CEO di Novatek, Leonid Mikhelson.
La Strategia Artica e il ruolo dell’LNG
Proprio la regione artica occupa una posizione di rilievo nella visione energetica del Cremlino. Posizione rilanciata dalla recente approvazione della Strategia Artica, lo scorso ottobre. Nel documento viene constatato che il livello di innalzamento delle temperature nell’area è di 2-2,5 volte maggiore rispetto alla media globale. Tale fenomeno costituisce certamente un fattore di rischio per gli equilibri ambientali ma, sottolinea il documento, apre nuove possibilità in termini di sviluppo e commercializzazione delle risorse dell’area.
Due i punti principali evidenziati a questo riguardo: l’ampliamento della Northern Sea Route (NSR) e le maggiori possibilità in termini di produzione di idrocarburi. La strategia artica prevede un contributo della regione artica alla produzione di greggio e condensati dal 17,3% del 2018 al 26% del 2035. Il gas naturale prodotto invece vedrà una leggera diminuzione, dall’82,7% al 79% mentre cresce in maniera preponderante la produzione di LNG da 8,6 Mt a 91 Mt nel 2035. Per quanto riguarda la rotta artica, invece, L’esportazione di idrocarburi e derivati è considerato il vettore principale che guiderà l’aumento del traffico marittimo- da meno di 30 milioni di tonnellate del 2018 a 130 milioni di tonnellate nel 2035 – nei prossimi quindici anni.
Una visione di lungo periodo che non affronta le criticità del sistema russo
Nel complesso, la SE-2035, in quanto documento di riferimento per la politica energetica del paese sul lungo periodo, mostra alcuni limiti nella definizione dei programmi di attuazione degli obiettivi prefissati.
Date le tempistiche di approvazione, la strategia non tiene conto dei recenti sviluppi a livello internazionale dovuti all’impatto del virus Covid-19 sugli investimenti e sulla domanda di energia a livello globale. Il virus ha avuto l’effetto di accelerare alcuni trend che si stavano già affacciando sul settore energetico dalla fine del 2019, consolidandone gli effetti e amplificando le conseguenze sui singoli Paesi. Nel 2020, l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha rilevato a livello globale un calo del 18% degli investimenti nel settore energetico, una riduzione del 3% della domanda di gas e una contrazione dell’8% per il settore del greggio e del 7% della domanda di carbone. Dati che anche i principali attori energetici russi dovranno tenere in considerazione nella definizione dei loro prossimi piani industriali e che potrebbero dunque influire sugli obiettivi di lungo periodo prefissati.
Sul piano delle rotte di esportazione, il documento conferma che nel lungo periodo i mercati asiatici soppianteranno quello europeo come principale direttrice delle materie energetiche russe. La strategia tuttavia non delinea una strategia omnicomprensiva che preveda lo slittamento dell’asse di maggiore interesse delle rotte di esportazione da ovest a est. Con l’adozione del Green Deal, l’Unione Europea è proiettata verso una politica di diversificazione energetica e neutralità climatica, che avrà un effetto sulle importazioni prodotti fossili. I Paesi del continente asiatico, invece, traineranno i consumi di gas a livello globale nelle proiezioni della IEA al 2040 (in particolare Cina e India) mentre invece Malesia, Vietnam e India quelli di carbone.
Negli scenari delineati, viene confermato il ruolo predominante delle fonti di energia derivate da idrocarburi su quelle alternative (nucleare e rinnovabili). In particolare, per le rinnovabili il contributo delle fonti da energia solare ed eolica è indicato aumentare dallo 0,02% dell’output energetico del Paese nel 2018 al 0,7% entro il 2035. Un aumento in proporzione significativo ma comunque ben al di sotto rispetto alla media globale di produzione di energia da fonti rinnovabili, che si attesta attorno al 10%. Per quanto riguarda il settore estrattivo, il quadro è ben più complesso, in quanto il documento omette di affrontare quelle che sono alcune delle principali debolezze strutturali del sistema non solo energetico, ma anche industriale russo. Per continuare a essere competitivo sul lungo periodo, il comparto degli idrocarburi dovrà aumentare la propria efficienza attraverso lo sviluppo e applicazione di nuove tecnologie – con i relativi investimenti – e tali risorse dovranno essere in gran parte garantite dallo Stato russo.
Infine, il Ministero dell’Energia rileva quelle che possono essere le possibili minacce e i rischi relativi allo sviluppo del settore energetico russo: la globalizzazione dei mercati energetici, la crescente penetrazione delle fonti rinnovabili nel mix energetico mondiale, l’introduzione di nuove tecnologie applicate ai processi di produzione di energia. In tale ottica l’approccio della strategia vede tutti questi fenomeni come minacce che devono essere mitigate e neutralizzate piuttosto che come nuove opportunità di sviluppo e di evoluzione anche per il comparto energetico russo.
Come suggerisce il rapporto dell’Atlantic Council, il documento emendato dal Ministero manca di una visione strategica di lungo periodo. In questo modo l’approccio russo alla propria politica energetica molto probabilmente continuerà ad essere caratterizzato da un’ampia flessibilità e reattività alle situazioni contingenti, uno strumento in grado di giocare a supporto della politica estera, e viceversa, attraverso la gestione e la rimodulazione delle esportazioni di materie prime.
Articolo pubblicato in collaborazione con Osservatorio Artico