Teatro di manifestazioni pacifiche incessanti ormai da giorni, il territorio di Chabarovsk nell’Estremo Oriente russo ha deciso di scendere in piazza in favore del governatore Sergej Furgal in quella che è stata definita “la manifestazione più considerevole della storia di Chabarovsk”.
Percorrendo la Transiberiana verso Oriente, dopo aver attraversato oltre 8.000 km di paesaggi sterminati e suggestivi, si raggiunge il luogo in cui il fiume Amur e l’Ussuri si uniscono per formare un unico corso d’acqua. È lì che sorge Chabarovsk, quella città sconosciuta ai più che da almeno una settimana è costantemente sulle prime pagine ovunque nella Federazione Russa e non solo.
Sono infatti giorni cocenti quelli che sta attraversando la parte più orientale del Paese dopo l’arresto del governatore del territorio di Chabarovsk, Sergej Furgal, adesso presso il centro di detenzione Lefortovo di Mosca. Lo scorso 9 luglio Furgal è stato arrestato con l’accusa di coinvolgimento in un gruppo criminale ed in tutta una serie di omicidi di uomini d’affari (tra i quali Evgenij Zori e Oleg Bulatov) avvenuti tra il 2004 e il 2005. Il capo d’accusa non è tuttavia statico, tanto che nei giorni scorsi si è parlato anche di attività criminali in ben tre regioni diverse dell’Estremo Oriente russo.
Ma partiamo dall’inizio. Chi è Sergej Ivanovič Furgal e perché è così ben voluto? Laureato in Economia ed esponente dell’ultranazionalista Partito Liberal-Democratico di Russia fondato da Žirinovskij, Furgal è parte integrante del tessuto politico del kraj di Chabarovsk fin dalla propria gioventù. La carriera per raggiungere la posizione di governatore del territorio, tuttavia, non è stata tutta rose e fiori. Infatti, già nel 2013 si era candidato perdendo contro Vyacheslav Shport di Russia Unita. La seconda volta, nel 2018, si era rivelata finalmente quella buona per conquistare la carica tanto agognata con quasi il 70% dei voti a scapito del governatore uscente riproposto per un nuovo mandato da Russia Unita. Interessante è la coincidenza dell’inizio del mandato di Furgal con lo spostamento della capitale del Circondario federale dell’Estremo Oriente da Chabarovsk a Vladivostok.
Ma come ha potuto l’arresto di un governatore mobilitare un quantitativo di gente come quella che abbiamo visto nei reportage e nelle foto dei giorni scorsi? Se volessimo fare una sorta di bilancio dell’operato di Furgal, scopriremmo che effettivamente, durante i due anni in carica, egli non ha apportato modifiche eccezionali alla situazione economica all’interno della regione. Anzi, se la volessimo raccontare tutta, negli ultimi due anni è aumentato il debito pubblico, sono peggiorate le condizioni di vita della popolazione e si è assistito ad ingenti flussi emigratori interni ed esterni.
E Furgal non è neanche il primo governatore ad essere posto sotto accusa all’interno della Federazione, come ad esempio era già successo nel 2016 con il governatore dell’Oblast’ di Kirov, Nikita Belych. Eppure, è riuscito a raggiungere una popolarità tale, in particolare, grazie all’interazione diretta del governatore con gli abitanti della zona sia sui social che nella vita reale.
Quello che non è affatto piaciuto alla popolazione locale è il modo in cui si è tenuto l’arresto. In molti vedono l’accaduto come un evento di matrice politica e non legato al passato di Furgal. E così sabato 11 luglio 2020 sono scesi in strada i primi manifestanti partendo proprio dalla piazza dedicata a Lenin, all’interno della quale risiedono gli uffici dell’amministrazione del governatore. Proteste che arrivano in un momento in cui le manifestazioni sono vietate in tutto il Paese a causa della pandemia in corso, che nel kraj di Chabarovsk ha già registrato quasi 6000 contagiati su una popolazione di poco più di un milione di persone.
Le prime stime ufficiali parlano di circa 12.000 manifestanti, ma c’è anche chi parla di oltre 60.000 persone in strada. Quello che è certo è che sicuramente si tratta di qualcosa di eccezionale tanto da essere stata definita “la manifestazione più considerevole della storia di Chabarovsk“.
Immediata è stata la reazione del sindaco della città, Sergej Kravchuk, il quale si è subito mostrato contrario alle proteste e ha dichiarato che i manifestanti posseggono una doppia responsabilità: quella di aver organizzato una manifestazione di massa durante la pandemia e quella di aver messo a rischio la salute di milioni di persone senza utilizzare nessun dispositivo di protezione individuale.
Le proteste, seppur pacifiche e a colpi di cartelloni sotto lo slogan di “libertà per Furgal” (Zvobodu Furgalu), nascondono una realtà ben più complessa. Un manifestante ha raccontato a Deutsche Welle che quello che sta accadendo non riguarda solo Furgal, “ma l’atteggiamento disinteressato nei confronti di ogni singolo essere umano: è questo che ha scandalizzato le persone“, aggiungendo poi che “il nostro potere, in particolare a livello federale, è sepolto dalla propria ipocrisia“. Nikolaj Vladimirovič Petrov, direttore del Centro per gli studi geografici e politici della Scuola superiore di economia di Mosca, ha commentato con un “mi meraviglia che al Cremlino si meraviglino di tutto ciò“.
Infatti, se le proteste di sabato 11 luglio avevano coinvolto soltanto la città di Chabarovsk, quelle dei giorni seguenti si sono sparse a macchia d’olio anche nelle località vicine come a Komsomol’sk-na-Amure. L’altra grande differenza tra la primissima manifestazione e le seguenti sta negli slogan utilizzati. Tra gli slogan dei giorni successivi al primo ne figurano anche di provocatori come “Mosca ascoltaci!” (Moskva uslyshish’ nas!), “Vergogna Mosca” (Pozor Moskve) e addirittura “no al fascismo” (Fashismu net). E ovviamente Aleksej Naval’nij, attivista e leader del Partito del Progresso, non ha perso l’occasione per cavalcare l’onda delle proteste e gettare benzina sul fuoco sui social con tweet del tipo “Putin ha paura degli abitanti di Chabarovsk“.
Bisogna anche tenere di conto del fatto che solo due settimane fa veniva approvata la riforma costituzionale all’interno della Federazione Russa, che nel territorio di Chabarovsk aveva registrato il 62,28% di voti a favore, mentre adesso lunghi cortei passano per le vie principali delle città al grido di “Putin dimettiti“.
“A Chabarovsk è in atto un’esplosione politica“. Il politologo Sergej Markov ha dato una spiegazione a tutto ciò. Il dissenso della popolazione deriva dallo scarso interesse di Mosca nei confronti della regione, dalla diminuzione dei programmi sociali, dal ritardo della regione rispetto alla vicina Cina, dalla burocrazia macchinosa e dalla criminalizzazione dell’economia. “Questa è la protesta dei coraggiosi”, ha voluto concludere così Markov.[2]
La risposta a tutto ciò, almeno per il momento, è silenziosa. E così quelle lande troppo lontane, che in epoche diverse in molti hanno tentato di avvicinare al fulcro della vita russa, vanno ancora oggi alla deriva e rimangono abbandonate a sé stesse.