Ora che la guerra è stata vinta, sorge la questione di cosa farà il governo azero nei prossimi anni con le terre riconquistate e come gestirà la popolazione armena che teoricamente tornerà sotto la propria giurisdizione. Con questo articolo cercheremo quindi di analizzare alcuni dei possibili prossimi passi di Baku su questi fronti. Come vedremo, Aliyev potrebbe incontrate più di qualche difficoltà nel gestire la recente vittoria.
Il 10 novembre Armenia, Azerbaijan e Russia hanno firmato un accordo trilaterale che ha posto fine a 45 giorni di guerra tra Armenia e Azerbaigian per il controllo del Nagorno-Karabakh. L’offensiva iniziata da Baku è stata un grande successo militare per il Paese, che è riuscito a riconquistare la simbolica città di Shusha, e a costringere di conseguenza Stepanakert e Erevan a riconoscere la propria sconfitta sul campo. L’accordo trilaterale inevitabilmente favorisce molto le richieste dell’Azerbaigian, ma il presidente Aliyev ha dovuto comunque accettare la presenza di peacekeepers russi nel Nagorno-Karabakh e in alcune delle zone circostanti.
I punti principali dell’accordo trilaterale1 sono:
- Stop alla guerra: cessazione immediata delle ostilità.
- Peacekeepers: 1960 peacekeepers russi saranno dispiegati in Karabkah e pattuglieranno la parte di Nagorno-Karabakh rimasto in mano agli armeni per 5 anni, con rinnovo automatico per altri 5 anni a meno che Armenia e Azerbaigian non richiedano entrambe la loro dipartita.
- Ritiro armeno: gradualmente e comunque entro il 1° dicembre, gli armeni si ritireranno dalle zone adiacenti al Nagorno-Karabakh attualmente ancora sotto il loro controllo.
- Rifugiati: i rifugiati della guerra del 1988-1994 potranno tornare in Nagorno-Karabakh e nelle zone adiacenti. Il processo sarà gestito dalle Nazioni Unite.
- Prigionieri: Armenia e Azerbaigian si impegnano a scambiarsi i rispettivi prigionieri di guerra.
- Economia: i rapporti economici fra i paesi saranno sbloccati. L’exclave del Naxchivan verrà collegata al resto dell’Azerbaigian tramite un corridoio passante per l’Armenia e protetto dai Russi. L’Armenia rimarrà invece collegata al Nagorno-Karabakh tramite il corridoio di Lachin, anche esso protetto dai russi.
Come evidenziato dall’accordo, i più di 750.000 rifugiati azerbaigiani della guerra del 1988-1994 potranno tornare nelle loro vecchie case in Nagorno-Karabakh e territori circostanti3. La prospettiva del ritorno è, peraltro, sempre stata una potente immagine/messaggio comunicata da Aliyev per ribadire l’importanza della riconquista del Karabakh. Ora che i rifugiati potranno finalmente tornare, non è però chiaro quanti e come effettivamente decideranno di farlo.
Sono infatti passati ormai 26 anni dalla fine del conflitto nel 1994, ed una parte dei rifugiati più anziani è ormai morta di vecchiaia o altro. Chi è rimasto ancora in vita dovrà invece decidere se abbandonare la propria casa statale – solitamente a Baku – per andare a vivere in una zona devastata da due guerre nel giro di 30 anni. E purtroppo molte città attigue al Nagorno-Karabakh sono rimaste, dopo il 1994, delle vere e proprie città fantasma distrutte. La foto in copertina di Aghdam può rendere l’idea del livello di devastazione da considerare. Le città riconquistate dovranno quindi prima di tutto essere ricostruite e rese abitabili dallo Stato azerbaigiano tramite investimenti infrastrutturali da miliardi di dollari. E potrebbero passare anni prima che questo sia realizzato in modo soddisfacente.
Resta poi il problema di quanti fondi ha a disposizione Baku per queste operazioni. Con i prezzi del petrolio bassi attualmente e incerti per il futuro, Aliyev non avrà a disposizione liquidità infinita per investimenti infrastrutturali4. L’impatto economico negativo del coronavirus, inoltre, dovrà ancora essere riassorbito nei prossimi anni. Un aiuto verrà invece dalle nuove maggiori vendite di gas all’Europa, di cui l’Italia tramite il gasdotto TAP sarà un acquirente. In ogni caso, Aliyev sicuramente investirà miliardi per ricostruire almeno due o tre città simboliche. Ma questo richiederà comunque anni, ridimensionando di molto il numero effettivo di rifugiati che deciderà di tornare nelle proprie terre natie.
Un problema parzialmente legato a questo è la gestione di Shusha, la città più importante del Nagorno-Karabakh e con notevole importanza simbolica per gli Azerbaigiani, essendo stata il centro culturale e politico di uno dei più importanti Khanati azeri tra il 18′ e 19′ secolo. Il documento trilaterale, infatti, non è chiarissimo per quanto riguarda l’estensione della zona di controllo temporaneo russo. In alcune mappe circolate online, l’Azerbaigian otterrebbe il pieno controllo del corridoio che va da Fuzuli a Shusha. Mentre in altre mappe, parti del corridoio rimarrebbero sotto gestione russa in una piccola parte più a nord o addirittura per un tratto più a lungo a sud-est.
L’immagine sottostante – ottenuta sovrapponendo l’immagine elaborata da RFE con Google Maps – mostra appunto questa criticità. In questo caso il corridoio a sud-est rimarrebbe per un pelo sotto pieno controllo azerbaigiano, ma l’ultimo tratto più a nord rischierebbe di entrare nella zona a controllo temporaneo russo, limitando de facto la facilità di sposamento degli azeri. Mentre questa delicata questione viene discussa e risolta, Aliyev dovrà decidere quanto e come investire sulla simbolica Shusha e quanto invece sulle città più facilmente accessibili nelle zone pianeggianti. La scelta sarà delicata, in quanto l’accordo trilaterale è molto ambiguo in alcuni suoi punti a lascia spazio ad ulteriori negoziazioni, mentre Aliyev potrebbe dover decidere nei prossimi mesi su quali città puntare bilanciando la convenienza economica e logistica con quella simbolica.
Come ultima questione, non è al momento chiaro come Baku intenderà gestire la popolazione armena rimasta in Nagorno-Karabakh, e se avrà un approccio più conciliante con gli armeni in generale o se continuerà con la retorica armenofobica6. Il trattato trilaterale, infatti, non specifica alcuno status per il Nagorno-Karabakh ancora abitato da armeni, e questo lascia aperte almeno due domande.
La prima è se Baku concederà agli armeni qualche forma di autonomia amministrativa o meno quando il controllo del territorio passerà dai russi agli azeri. Recentemente Aliyev ha dichiarato che il Karabakh non avrà alcuna forma di autonomia, ma questo messaggio va preso con le pinze, essendo indirizzato alla parte di pubblico azero scontento della vittoria incompleta del Paese7.
La seconda, è se nel frattempo gli armeni diventeranno cittadini azeri con tanto di passaporto e teoricamente la possibilità di votare nelle elezioni statali. Se la strada che intraprenderà Aliyev sarà quella di esercitare il più controllo possibile sulla popolazione tramite il rilascio di passaporti, ci si aspetterà un cambio di retorica verso la nuova minoranza del Paese. Ma questo non è scontato, e recenti tweets come quello del Ministro della cultura azero Anar Karimov – che negano la presenza culturale e storica degli armeni in Karabakh – sembrano proseguire sul sentiero dell’anti-armenismo8.
I dettagli della questione “Albania Caucasica” saranno trattati in un futuro articolo. Quello che va notato in questo contesto è il messaggio anti-armeno che va contro un approccio più conciliatorio ora teoricamente possibile.
In conclusione, il trattato multilaterale lascia aperte ancora molte questioni, e Aliyev dovrà decidere nei prossimi mesi come muoversi sul rientro dei rifugiati, sulla gestione di Shusha, e su come trattare la nuova minoranza armena.
Yesil Bey
Riferimenti
1 Terms of the Karabakh Truce – Corridors, Boundaries and Peacekeepers. Jam News. 13/11/2020.
2 As Guns Fall Silent In Nagorno-Karabakh, There’s One Winner In The Conflict You Might Not Expect. Mike Eckel – Radio Free Europe, Radio Liberty. 10/11/2020.
3 Thomas De Waal offre questa stima di rifugiati in Black Garden: Armenia and Azerbaigian through Peace and War. New York University Press. 2003.
4 Petrolio, +10% in una Settimana. Ma il Futuro Resta Incerto. Ecco Perché. Sissi Bellomo – Sole 24 Ore. 10/10/2020.
5 The ghost town of Aghdam, Azerbaigian: An unofficial monument of the horrors of war. Bojan Ivanov – Abandoned Spaces. 06/09/2017.
6 Aliyev Father and Son, Different Looks at the Conflict. Giorgio Comai – Osservatorio Balcani e Caucaso. 29/03/2013.
7 OC Media – Live Updates.
8 https://twitter.com/Anar_Karim/status/1326437397270310912