Il congresso annuale della Baltic Sea State Subregional Cooperation rappresenta un appuntamento fondamentale per quest’area geografica. Infatti, il Mar Baltico costituisce un’ottima opportunità di sviluppo in termini di green economy, avendo quindi un elevatissimo potenziale di interesse per gli investitori. Questo appuntamento permette, in seconda battuta, di riflettere circa l’economia dei Paesi di questa regione così come della loro (fino ad oggi totalizzante) dipendenza energetica.
Il congresso annuale organizzato dalla Baltic Sea State Subregional Cooperation (BSSSC) è ormai alle porte, svolgendosi dal 18 al 20 settembre a Klaipeda in Lituania. La BSSSC è un’organizzazione che opera come network politico, fondata a Stavanger, in Norvegia, nel 1993 e raggruppa tutti gli Stati che si affacciano sul Mar Baltico. Nata in risposta alla richiesta del Council of the Baltic Sea States di migliorare la cooperazione nella regione. Già chiaro anche il tema che si andrà ad approfondire, ovvero quello della “Sustainable Maritime Economy- BSSSC regions shaping the future of the Blue economy in the Baltic Sea Region”. Tema sicuramente di fondamentale importanza, sul quale prenderanno posizione nelle tre giornate del congresso professori universitari, professionisti nel settore e politici. Numerosi anche gli argomenti da trattare: il futuro della navigazione nella zona, il turismo costiero e marittimo, i rifiuti marini e la pulizia del Mar Baltico, oltre che la Blue economy, ritenuta quest’ultima fondamentale per la crescita e l’attrattività della regione.
L’organizzazione intrattiene solidi rapporti con l’Unione europea, partecipando attivamente alla costruzione di diverse politiche comunitarie: oltre a quelle giovanili e di coesione, soprattutto sull’ambiente, sull’Artico e sulla strategia del Baltico. In generale, la BSSSC cerca di dare competenza, esempi di buone pratiche e opportunità di networking, toccando appunto temi cari all’Europa.
Economie in crescita
L’appuntamento con il congresso annuale permette di fare una serie di riflessioni sulle economie di questi Paesi.
Sicuramente, una menzione particolare meritano Estonia, Lettonia e Lituania. La loro posizione geografica è certamente il loro punto di forza: la vicinanza a mercati rilevanti, come Svezia, Norvegia e Russia rappresenta una caratteristica non di poco conto per le aziende, europee principalmente, che operano nell’area. In particolare, il porto di Riga merita una menzione speciale. Unico porto dell’area a rimanere libero dal ghiaccio tutto l’anno, è anche quello europeo più vicino alla Russia e risulta un transito per tutte le merci che dalla zona nordica e baltica devono raggiungere Mosca e Asia Centrale.
Non da ultimo, questi Paesi hanno sperimentato una crescita del Pil pro-capite straordinaria negli ultimi anni. Il loro punto di forza risiede sicuramente in un ritmo di convergenza sorprendente. Infatti, nonostante la crisi mondiale del 2008, i danni si sono concentrati in un lasso di tempo esiguo, permettendo a questi Paesi di continuare in tempi stretti la loro corsa al rialzo del Pil. La spinta sul libero mercato e sullo sviluppo delle attività imprenditoriali fortemente voluta da Bruxelles ha fatto il resto.
Dipendenza energetica: tra rivoluzione e virtuosismo
Nonostante una conclamata crescita economica, un tasto dolente per la regione resta la dipendenza energetica dalla Russia. Secondo i governi di questi Paesi, infatti, la dipendenza energetica si traduce necessariamente in una dipendenza politica. Un primo passo verso l’indipendenza energetica di questi Paesi, però, è stato fatto: lo scorso anno, infatti, i Paesi baltici, insieme alla Polonia, hanno siglato un accordo per collegare le reti elettriche dell’Unione europea entro il 2025, così da rompere il cosiddetto anello energetico BRELL (Bielorussia, Russia, Estonia, Lettonia e Lituania). Il progetto ha come obiettivo quello di migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e dell’affidabilità dei sistemi di alimentazione nella regione grazie alla loro connessione alla rete continentale europea.
Un punto di forza dei Paesi baltici è rappresentato dal virtuosismo in ambito di energie rinnovabili. I motivi di questa spinta in avanti sono molteplici. Sicuramente, da un lato, c’è una grande attenzione alle problematiche ambientali e alla transizione energetica. Tuttavia, d’altro lato, ci troviamo di fronte alla scelta politica di cui abbiamo appena parlato: uscire dall’egemonia energetica (e politica) russa. In un recente rapporto di Eurostat viene evidenziato proprio questo dato di virtuosismo dei Paesi Baltici. Corsa fatta per non rischiare di fare la fine dell’Ucraina, con cui la Russia è passata da una guerra del gas all’annessione della Crimea nel 2014. Un parallelo che può sembrare un po’ forzato, ma che spiega bene le preoccupazioni dei Paesi della regioni ed evidenzia una situazione realmente verificatasi.
Ad oggi, il primo passo verso questa rivoluzione energetica è stato compiuto nel 2016, con la realizzazione dell’interconnessione LitPol da 500 Mw tra Lituania e Polonia. Inoltre, i cavi sottomarini Estilink 1 e 2 tra Estonia e Finlandia e il cavo ad alta tensione Nordbalt da 700 Mw tra Lituania e Svezia (il quale attraversa il Mar Baltico tra la città di Klaipeda e Nybro) implementano un quadro di taglio del “cordone ombelicale” con la Russia.
Tante e importanti questioni solleva quindi il Mar Baltico. Da qui l’attesa e l’importanza di questo congresso, che permetterà di porre le basi per l’implementazione di pratiche finalizzate agli obiettivi che la regione si pone.