Per costruire un impero l’uomo impiega cent’anni; per distruggerlo gli basta un giorno.
(Proverbio cinese)
A quasi tre mesi dal divampare dell’incendio in Siberia, la situazione è ormai sotto controllo. Milioni di ettari di foresta sono ormai andati in fiamme, mentre il governo russo ha arrancato nello spegnimento e le indagini circa i responsabili sono ancora in alto mare.
L’incendio: le cause
Partiamo con ordine. Il primo fattore che è saltato all’occhio è stato il ritardo nell’intervento da parte di Mosca. Come mai? La maggior parte delle fiamme divampa nelle cosiddette “zone di controllo“, di cui alla legge del 2015 sulla selezione delle zone di controllo, approvata dal Ministero dell’ambiente russo. Questa legge prevede che l’amministrazione locale possa decidere di non spegnere l’incendio qualora questo non sia di minaccia per le grandi città e nel caso in cui il costo dei lavori di spegnimento sia economicamente più gravoso rispetto ai danni derivanti dalle fiamme.
Gli ambientalisti avevano fin da subito mostrato perplessità riguardo a questa nuova legge: secondo loro, infatti, non avrebbe fatto altro se non intensificare la stagione annuale degli incendi in Siberia, immettendo un quantitativo maggiore di gas a effetto serra nell’aria. Così come si è verificato quest’estate.
Una legge, questa, che può apparire di poca lungimiranza, soprattutto se legata a quelli che sembrano emergere dalle prime indagini come i colpevoli: i contrabbandieri di legname. Sembrerebbe infatti che si sia creata una vera e propria “mafia del legname“, intenta a disboscare abusivamente ettari di foresta. Il legname verrebbe poi tagliato in segherie abusive ed esportato illegalmente in Cina, mentre le prove verrebbero cancellate innescando incendi che non verranno mai spenti con un intervento umano.
Il Primo Ministro russo Dmitrij Medvedev ha ordinato al governo di esaminare questa normativa quando il Parlamento si riunirà il mese prossimo. Un cambiamento nella legislazione porterebbe sicuramente a dei benefici a favore della lotta contro il cambiamento climatico.
Il Ministero delle Emergenze russo presenta invece una causa aggravante: l’aumento smisurato delle fiamme sembrerebbe dovuto ad un lungo periodo di clima asciutto anticiclonico, che ha prosciugato terre normalmente ricche d’acqua, rendendole così infiammabili (si vede per esempio il caso dei depositi naturali di torba), insieme all’assenza di misure attive per estinguere i focolai nei territori isolati, seguendo il dettame della legge di cui sopra. Tra le cause vengono anche citati eventi naturali, come i fulmini.
I soccorsi e le loro criticità
Secondo quanto riportato dal servizio antincendio della Federazione Russa, ad oggi sarebbero stati estinti 31 incendi in un’area di più di 200 ettari. Quelli attivi sono però ancora troppi: 174, per la precisione. Per cercare di spegnere le fiamme sono stati coinvolti 3326 persone e 428 pezzi di equipaggiamento, insieme a una novantina di velivoli per il monitoraggio aereo e per lo spegnimento. È stato inoltre introdotto uno speciale regime antincendio in 42 enti territoriali della Federazione.
L’inquinamento provocato dagli incendi è tale che persino Donald Trump si è interessato alla situazione. L’Ufficio Stampa del Cremlino ha infatti riportato di una telefonata tra i due presidenti nella quale da Washington sarebbe stato proposto un aiuto per contrastare l’incendio. Intanto, visto che le fiamme continuano ad ardere, c’è addirittura chi ipotizza di creare artificialmente le precipitazioni atmosferiche.
Da Greenpeace, infine, arrivano messaggi disarmanti: secondo l’ONG, l’incendio verrà domato soltanto con l’inizio delle piogge.
Le terribili conseguenze sul clima
L’impasse del governo russo nel risolvere la gravosa situazione ha forti ripercussioni sulle città vicine all’incendio. Diversi centri abitati si trovano ormai sotto cappe di fumo irrespirabile, con gli abitanti che fuggono dalle proprie case.
Senza contare, ça va sans dire, la morte di tantissimi animali selvatici, bruciati vivi nel tentativo di mettersi in salvo dalle fiamme.
L’European Space Agency (ESA) ha documentato la catastrofe causata dalle fiamme grazie alle immagini catturate dai satelliti Copernicus-Sentinel 3: I roghi stavano immettendo, al momento delle foto (così come tuttora), grandi quantità di CO2 in atmosfera oltre che particolato, causando gravosi problemi nelle zone di Tomsk, Kemerovo, Altaj e Novosibirsk.
Una curiosità: il Finnish Meteorological Institute ha calcolato che la nuvola di fumo derivante dall’incendio in Siberia ricopre un’area più vasta rispetto alla superficie dell’Unione europea intera (si parla di 7 mln di km2, contro i 4,5 mln dell’Ue).
La situazione della Siberia è sicuramente gravissima per diversi motivi. Non soltanto perché si va ad unire agli incendi in Groenlandia, Alaska e Canada (per citare solo gli incendi nell’emisfero nord), con la distruzione di interi ecosistemi naturali, ma anche perché funge da indicatore delle tangibili conseguenze del cambiamento climatico. Soltanto in Siberia, infatti, nelle zone dei focolari sono state registrate temperature di 10° superiori alla media.
La mancanza di tempestività negli interventi porterà, secondo alcuni esperti, a conseguenze sul clima non soltanto per la Russia, ma ovviamente per tutto il pianeta. Il cambiamento climatico, in questo senso, si pone come concausa e allo stesso tempo effetto dei roghi. Da un lato, infatti, le temperature insolitamente alte facilitano il divampare delle fiamme. Dall’altro, tuttavia, incendidi tali dimensioni immettono nell’aria quantità enormi di CO2 e di black carbon, particelle nere che possono andare a depositarsi sui ghiacciai riducendo l’albedo (potere riflettente), così da facilitare l’assorbimento di calore e il loro conseguente scioglimento.
“I veleni abbracceranno la Terra come un focoso amante. E nel mortale abbraccio, i cieli avranno l’alito della morte e le fonti non daranno più che acque amare e molte di queste acque saranno più tossiche del sangue marcio del serpente. Gli uomini moriranno di acqua e di aria, ma si dirà che sono morti di cuore e di reni.”
Rasputin