Anche nei Paesi baltici il coronavirus è ormai una realtà. Se da un lato gli interventi governativi hanno mantenuto gli stessi standard dei fratelli europei, sostanzialmente chiudendo il recinto quando i buoi erano già scappati, dall’altro, sia a livello ospedaliero che economico, questi Paesi non sembrano soffrire come il resto del continente. Vediamo nel dettaglio perché.
Le prime disposizioni
In Estonia il primo caso di Covid-19 è stato registrato il 27 febbraio. Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza soltanto il 13 marzo, con la conseguente adozione di misure di contenimento. I virologi hanno ipotizzato una curva dei contagi simile a quella italiana, con un calo lento e non sempre costante, previsione che ad oggi sembra confermata, essendo il Paese ancora in una fase di picco dei contagi. L’Estonia, tra i Paesi baltici (e tra tutti i Paesi europei, probabilmente) era la più pronta a fronteggiare una crisi come quella attuale: già dall’inizio degli anni 2000, infatti, nel Paese esisteva l’identità digitale per poter accedere da remoto a tutti i servizi pubblici, dalla sanità alla pubblica amministrazione. Dal 2002 esiste una piattaforma chiamata e-kool per collegare a distanza studenti, genitori e insegnanti. I servizi offerti ai cittadini, quindi, non hanno subito quasi alcuna alterazione contribuendo, così, a rendere il Paese meno spaventato di fronte all’emergenza. Addirittura è stato creato un hackathon, ovvero una gara di idee per rispondere alla crisi.
Per quanto riguarda la Lettonia, il governo ha seguito a ruota la vicina Estonia, accertando il primo caso di Covid-19 il 2 marzo e dichiarando lo stato di emergenza il 12 marzo, con l’adozione delle conseguenti misure di restrizione. Il governo lettone ha dovuto aumentare l’importo delle multe in caso di violazione delle misure di contenimento, a seguito di numerosi casi di violazione di queste ultime. Il parlamento lettone ha inoltre adottato una legislazione di supporto economico per le imprese registrate nel Paese, con la previsione di misure volte, tra le altre cose, al pagamento degli stipendi dei dipendenti e alla sospensione del pagamento delle tasse per tre anni.
In Lituania, invece, è forte il dibattito circa l’eventuale violazione dei diritti umani e della Carta costituzionale, a seguito dell’inasprimento delle misure di contenimento del virus e l’accentramento di poteri in capo al governo. Dei tre Paesi dell’area, la Lituania è quella sicuramente che ha preso le misure necessarie nella maniera più tempestiva. Già a dicembre, infatti, l’aeroporto di Vilnius aveva iniziato a prepararsi per il contenimento del virus. Lo stato di emergenza è stato, invece, dichiarato il 26 febbraio e la quarantena ha avuto inizio il 16 marzo.
In questo clima d’emergenza, è stata fondamentale anche la cooperazione a livello intergovernativo. La Nordic-Baltic 8 Cooperation (NB8), format regionale che riunisce i Paesi baltici e quelli scandinavi, sta infatti lavorando su due fronti: da un lato, nel mantenere una cooperazione attiva nei voli di rimpatrio e nella consulenza ai cittadini dei Paesi partner (Finlandia, Svezia, Norvegia, Islanda, Danimarca, Estonia, Lettonia e Lituania); dall’altro, nell’elaborazione di una strategia per uscire dall’attuale crisi economica e sociale.
Lo stato della sanità
I dati aggiornati al 22 aprile sono i seguenti: in Estonia 1552 casi confermati e 43 decessi; in Lettonia 748 casi e 9 morti; in Lituania 1370 casi e 38 morti.È ad ogni modo possibile monitorarne l’evoluzione in tempo reale sul sito dell’OMS.
In Estonia, il governo ha l’obiettivo di eseguire test di massa sulla popolazione per verificare la positività al virus come strategia per una rapida uscita dalla crisi. È stato installato un ospedale da campo delle forze armate vicino l’ospedale di Kuressaare, nella regione estone più colpita dall’emergenza. L’ospedale sta ricevendo molte donazioni, fondamentali per il suo funzionamento. Un problema che sta fronteggiando Tallinn è quello dell’accesso alle cure: infatti, si stima che circa 66000 persone nel Paese non abbiano un’assicurazione sanitaria. Per cercare di arginare la problematica, il governo estone ha introdotto un Fondo di assistenza sanitaria a copertura dei trattamenti urgenti per coronavirus e per l’accesso al medico di famiglia.
In Lettonia sono stati registrati contagi anche tra medici e operatori sanitari. Nonostante questo dato spiacevole, Riga non sta fronteggiando problemi di carenza di medici e infermieri negli ospedali, sia perché molte persone positive al virus si trovano in isolamento domiciliare, sia perché il numero di casi risulta essere molto ridotto – anche in proporzione – rispetto a molti altri Paesi europei (tra cui l’Italia).
La Lituania invece ha preso parte ad un trial dell’OMS per trovare un trattamento efficace al Covid-19, con la partecipazione dell’ospedale universitario Santaros. Questo ha lo scopo di studiare sia i trattamenti attualmente utilizzati per altre patologie, sia nuove cure, così da scoprire combinazioni efficaci contro il virus. Per ciò che riguarda le strutture ospedaliere, la Lituania ha predisposto cinque ospedali preparati ad accogliere e trattare pazienti positivi al virus, di cui il principale è il Santaros sopra menzionato.
L’economia post-pandemia
Una delle prime domande che i governi di questi Paesi si sono posti è la seguente: come mantenere il welfare dei cittadini? Il periodo successivo alla fase di lockdown comporterà non soltanto un cambiamento radicale nelle abitudini delle persone, ma anche nelle prese di decisione del governo e nello sviluppo socio-economico in generale.
In particolare l’Estonia sta ponendo in essere una serie di misure per cercare di ridurre il più possibile gli effetti economici negativi del coronavirus. Tra queste, meritano di essere citate le garanzie sui prestiti alle aziende, il posticipo delle tasse senza il pagamento di interessi, le misure volte a prevenire la disoccupazione e i sussidi alle aziende in difficoltà. Inoltre il ministero delle finanze estone ha stabilito l’emissione di obbligazioni a breve termine per un totale di 200 milioni di euro. Fra i tre Paesi della regione, l’Estonia è quella che sta soffrendo meno il lockdown e che risentirà probabilmente meno delle conseguenze economiche. Questo perché moltissime aziende erano già in grado prima della crisi di offrire i propri servizi in formato digitale e molti lavoratori erano già abituati a lavorare da casa. Inoltre si tratta di un Paese in forte crescita economica, con un tasso di disoccupazione sotto il 5% e un debito pubblico bassissimo.
In Lituania si ipotizza una contrazione dell’economia fino al 2,8%. Il parlamento ha perciò stabilito un aumento significativo del debito pubblico insieme ad una serie di misure economiche chiave per cercare di attutire le conseguenze negative del virus per aziende e lavoratori. In generale, molti settori stanno chiedendo aiuto algoverno per evitare il fallimento, visto il timore di conseguenze nel lungo periodo. In particolare, si teme per il settore del turismo, vista la quasi totale cancellazione delle prenotazioni anche per il periodo estivo.
La Lettonia insieme alla Nordic Investment Bank ha siglato un accordo di prestito per un totale di 500 milioni di euro per finanziare le spese governative volte a mitigare l’impatto del Covid-19 sull’economia. La cifra andrà a sostegno dei lavoratori, delle imprese e dell’assistenza sanitaria. Il governo lettone sta inoltre lavorando a misure di natura fiscale per supportare i settori economici che hanno un bisogno più impellente.
Quello le tre repubbliche devono cercare di fare è mettere in campo tutte le misure fiscali possibili per evitare che si ripeta lo scenario della crisi economica del 2009, anno in cui persero in media il 15% del proprio PIL. I Paesi baltici in questo senso si trovano però in una situazione migliore rispetto ad altri Stati europei. Questo perché hanno mantenuto una crescita economica notevole a partire dal 2010-2011 e hanno un debito pubblico molto basso. Per questi motivi, Estonia, Lettonia e Lituania hanno buone possibilità di mitigare gli effetti negativi del Covid-19 sull’economia con l’adozione di misure di politica fiscale.