Con la riunione dei leader del Partenariato orientale appena svoltasi, è nuovamente emersa la posizione dei Paesi baltici come promotori delle politiche europee, in netta contrapposizione con il loro retaggio di Repubbliche ex-Urss. Questa loro posizione in Europa, nonche’ l’appartenenza all’UE, li rende un possibile appoggio per altri Stati nei rapporti che intercorrono con l’Occidente.
E’ la verità? In particolare, ci sono altre Repubbliche ex-Urss che si appoggiano a loro nei rapporti con l’Unione Europea e la NATO? E Come sono visti i Baltici da questi Paesi?
Lo scorso 18 giugno si è tenuta, tramite videoconferenza, la riunione dei leader del Partenariato orientale, nella quale l’Unione Europea ha discusso con i sei partner orientali, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina, diverse tematiche. Il partenariato orientale è una specifica dimensione della politica europea di vicinato, volta a raggiungere l’associazione politica più stretta possibile e un alto grado di integrazione economica tra l’UE e i suoi vicini meridionali e orientali. Questa esigenza è nata in vista dell’allargamento dell’Ue ad Est nel 2004, al fine di evitare effetti di esclusione su questi Paesi. Nel corso della conferenza, al di là della risposta all’emergenza Covid-19, i leader europei hanno ribadito l’importanza che il Partenariato orientale ha per la politica estera dell’Unione e sono stati evidenziati alcuni settori di cooperazione, in particolare a livello commerciale e di esenzione o facilitazione nell’ottenimento del visto.
In particolare il Ministro degli Esteri estone, Urmas Reinsalu, ha affermato, durante la conferenza, che i Paesi del Partenariato orientale hanno fatto molti passi avanti nel raggiungimento degli obiettivi prefissati. Per l’Estonia, ha continuato, il Partenariato rappresenta uno dei maggiori interessi di politica estera, in quanto ha l’obiettivo di aumentare la sicurezza, la stabilità e il benessere dei Paesi vicini all’UE. Inoltre, l’Estonia supporta l’associazione politica e l’integrazione economica con questi Paesi, cercando di portare avanti un approccio individuale con ognuno di questi Stati.
Dello stesso avviso la Georgia, che vorrebbe accelerare il processo di integrazione con l’Europa e che vede nei Paesi baltici un alleato favorevole all’allargamento europeo. L’idea portata avanti dal governo georgiano è quello di sviluppare un modello di integrazione differenziata, visto che alcuni Paesi del partenariato orientale (Ucraina, Moldova e Georgia appunto) sono maggiormente interessati ad una futura adesione all’Unione rispetto agli altri.
I Paesi baltici hanno un’importanza considerevole nelle relazioni tra l’Occidente e la Russia. In particolare, fin dall’entrata nell’Ue e nella NATO nel 2004, la dottrina prevalente ha sempre sostenuto il ruolo di intermediazione di questi Paesi rispetto a Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina, fungendo da vero e proprio ponte tra questi Stati e le istituzioni euro-atlantiche. Sicuramente, questo è legato alla volontà dei tre Paesi di cancellare il loro legame con la Russia, presenza ancora insistente in alcuni ambiti, come quello dell’energia.
E’ necessario però porsi una domanda: i Paesi baltici fungono ancora oggi da ponte tra l’Occidente e i Paesi del partenariato orientale?
Sicuramente, un dato in contrasto con il passato concerne la politica estera di questi Stati: i Paesi baltici a livello di politica estera non sono più così allineati come in precedenza. L’Estonia, ad esempio, si sta legando sempre di più ai Paesi nordici, curando maggiormente la loro situazione rispetto a quella degli Stati del Partenariato orientale. La Lituania, dal canto suo, si sta avvicinando alla Polonia e sostiene l’integrazione ucraina all’UE e alla NATO, creando dei legami politici più stretti con i singoli attori.
La Lettonia, infine, si trova un po’ nel mezzo e sta curando quindi la propria personale integrazione in Occidente. Questa sua posizione la rende meno “ponte” tra l’Occidente e i Paesi del Partenariato orientale? Probabilmente si. La dottrina sostiene inoltre che per Stati come la Georgia e la Moldova ci sono altri Paesi che possono fungere da appoggio per l’integrazione europea, come Romania e Polonia, a sottolineare un peso minore della Lettonia nella politica europea.
Ad esempio, i rapporti tra Romania e Georgia sono floridi da decenni ormai, la prima supportando gli sviluppi democratici e le aspirazioni europee ed euro-atlantiche della seconda, condividendo la propria esperienza nella preparazione per l’annessione. A partire dall’ingresso della Romania nell’Unione Europea nel 2007, inoltre, i fari europei si sono accesi sulla Georgia in termini di sviluppo dei diritti umani, dell’istruzione e di supporto alla società civile. Fino ad arrivare al 2016, anno a partire dal quale le relazioni tra Unione Europea e Georgia sono regolati da un Accordo di Associazione, comprendente un’area di libero scambio globale e approfondita (DCFTA).
Sicuramente, una minore “alleanza” tra i tre Paesi baltici fa si che questi abbiano un’influenza minore nella politica estera dell’UE e della NATO e che quindi non riescano ad espletare la funzione di ponte tra Paesi del Partenariato orientale e l’Occidente come in passato. Che possa essere di ritorno la loro paura di essere piccoli Stati poco influenti in Europa, ben presente nei primi anni di ingresso nell’Unione?